venerdì 18 luglio 2008

STORIE DI TAPPI - 1


Mi sono imbattuto in un articolo scritto da Bernardo Pasquali sul blog "L'acino parlante", che tratta di una degustazione comparata dello stesso vino posto in bottiglie chiuse con il sughero e con il tappo a vite.
I risultati sono interessanti e vale la pena di soffermarsi con serenità e senza pregiudizi su questo sistema di chiusura.
Riporto alcuni brani dell'articolo, consultabile nella sua interezza qui.

"...Per un vino fresco dove è il frutto che deve emergere con tutta la sua integrità e rotondità, il tappo a vite conserva il prodotto come se ogni volta noi lo prelevassimo dalla vasca d'acciaio.

Ma cosa è successo veramente? All'inizio, dopo che il vino è stato versato nel bicchiere, il campione proveniente da bottiglia tappata con sughero ha manifestato la sua intensità olfattiva e la sua complessità. L'altro campione proveniente da tappo Stelvin invece sembrava come chiuso, bloccato nella espressività dei profumi. Dopo qualche istante ecco la magia... Meglio ancora, la fisica!
Il Chiaretto da tappo a vite raggiunge il suo equilibrio di tensione superficiale e le molecoline di profumo cominciano leggermente ma continuamente, a librarsi nella porzione di spazio racchiusa nel bicchiere fino a raggiungere il nostro naso. E' come se lentamente quel vino stesse rinascendo, alzandosi dopo un lungo riposo.

Ma cosa succede invece nell'altro campione proveniente dal sughero? I profumi impattanti iniziali si stanno lentamente scaricando lasciando spazio a fenomeni di incupimento delle sensazioni olfattive. Comincia a sentirsi un frutto più evoluto e tendente all'amarognolo. Non più integro e leggermente decadente. Insomma il vino si sta lentamente spegnendo nel bicchiere.........

Le componenti aromatiche fruttate si esaltano nella bottiglia tappata con Stelvin, nell'altra il sughero sacrifica il frutto facendolo sentire un po' più maturo. Le tonalità agrumate e quasi citrine del primo campione non si ritrovano nel vino tappato con il sughero....."


Settimana scorsa Henry Samuel, del quotidiano inglese Telegraph, ha scritto che sia Domaine de la Romanée-Conti e Chateau Margaux hanno intenzione di utilizzare i tappi a vite (i cosiddetti screwcap).
Il direttore generale di Chateau Margaux, Paul Pontallier, ha riferito che hanno fatto già dei test per capire se gli screwcap siano o meno adatti a vini che necessitano di molti anni per maturare.

Un altro produttore, Jean-Claude Boisset, ormai li utilizza su circa un terzo della sua produzione, incluso il Chambertin grand cru 2005, venduto a oltre 100 sterline a bottiglia!
Robert Parker ha detto che i vini imbottigliati con tappi di sughero saranno la minoranza a partire dal 2015. Solo i vini che dovranno stare in cantina per decenni saranno tappati con tappi di sughero.

Compiendo una piccola ricerca, ho scoperto che le prove effetuate in Nuova Zelanda hanno dimostrato che il tappo a vite è di granlunga superiore ad altre chiusure fino a 7 anni dalla data d'imbotigliamento. I test (pubblicati dal New Zeland Wine Journal) dimostrano come la chiusura sia particolarmente adatta a vini destinati a lunghe permanenze in bottiglia.

Il prestigioso periodico Decanter sostiene che il tappo a vite sarebbe preferibile nella maggioranza dei casi, sia per i vini rossi sia per quelli bianchi. Il giudizio degli esperti collaboratori di Decanter, che si potrà leggere sul numero di agosto della rivista (50 ragioni per amare il tappo a vite), è inequivocabile, in particolare per quanto riguarda i vini bianchi, per i quali il tappo a vite non sarebbe un'alternativa economica e scadente rispetto al blasonato sughero, ma la scelta più indicata per mantenere gli aromi e i sapori genuini. Più intricata la questione dei vini rossi invecchiati, riguardo i quali i pareri degli esperti di Decanter sono meno univoci.

Di seguito alcuni link interessanti, per approfondire l'argomento, sul quale certamente ritorneremo:

martedì 15 luglio 2008

DIALOGHETTI MORALI

In occasione del Premio Veronelli, conferito a personaggi che si sono distinti nella diffusione della cultura enogastronomica sia come divulgatori sia come produttori, mi è stata donata la raccolta di quei piccoli gioielli che Luigi ha scritto negli anni per diverse testate giornalistiche.

Li ho letti con commozione, perché mi hanno riportato indietro nel tempo, agli incontri con lui, sempre troppo pochi e brevi, a causa dei rispettivi impegni.
Dalle pagine esce la profonda umanità del Maestro di tutti noi che ci occupiamo di vino, la passione che lo animava e che gli ha fatto condurre battaglie, se non guerre, in favore della qualità.
Come non dimenticare l'impulso dato alla valorizzazione dei cru, al riconoscimento dell'opera degli artigiani del vino, alla difesa strenua dell'esaltazione della tipicità?
Un libricino profondamente morale, motivo di riflessioni.

Grazie ancora, Luigi, ovunque tu sia!

lunedì 14 luglio 2008

DUE "PICCOLI" CHAMPAGNE


Ho incontrato due bottiglie prodotte da uno di quelli che il grande Luigi Veronelli chiamava "i contadini", vale a dire da un piccolo produttore della Champagne che con amore scrupoloso cura tutta la filiera e che si definisce giustamente "artisan-vigneron": Dufour.

Le bottiglie sono poche, circa 60.000 suddivise nelle differenti cuveé, tutte lavorate a mano nella cantina di proprietà, di non facile reperibilità al di fuori della Champagne. La vendemmia 1990 è stata oggetto di attenta analisi, seppur limitata a due soli prodotti, chardonnay e pinot noir, entrambi in purezza.

Champagne Collection Priveé Yves Dufour, Ligne 45, 1990: ottenuto da uve chardonnay 100%, presenta colore oro pallido e perlage molto fine e continuo; all'olfatto è ricco, i lieviti decisamente evoluti s'uniscono al miele ed alla frutta secca; poi, si fa sentire prepotente il caffé seguito dal cacao; le spezie s'aprono in sequenza, evocando ricordi orientali; non vi sono tracce d'ossidazione; assaggiato, sorprendono il corpo consistente, l'acidità equilibrata che dona freschezza, la sapidità accentuata; un timido accenno di mineralità precede sensazioni di caffé e di tamarindo, che stupiscono e che contribuiscono a completare il quadro di raffinata eleganza.
Dimostra incredibile gioventù e necessita di ulteriori anni d'affinamento in bottiglia.
Imbottigliato per la presa di spuma il 3 agosto 1991 e sboccato il 30 maggio 2008, della Ligne 45 sono state prodotte 6.288 bottiglie.
Voto 94/100

Champagne Collection Priveé Yves Dufour, Ligne 46, 1990: il pinot noir in purezza si fa sentire appieno, conferendo a questo champagne quelle caratteristiche di vinosità ineguagliabili; la leggera ossidazione, elegante e gradevole, incornicia l'insieme complesso degli aromi, restii ad aprirsi; dopo pochi minuti, ecco presentarsi la crosta di pane ed i fiori di campo uniti all'erba secca; lievemente mentolato, trasmette sensazioni di fine freschezza; la breve permanenza in bottiglia giustifica la non perfetta fusione delle componenti gusto-olfattive, che comunque sono tipiche del vitigno; troviamo perciò un corpo medio e sfumato, una buona vinosità accompagnata dall'agrumato del pompelmo, equilibrato dal caramello e dalla leggera presenza dei tannini.
Un lungo affinamento in bottiglia è necessario, al fine di ottenere un vino di altissimo livello.
Imbottigliato per la presa di spuma il 3 agosto 1991 e sboccato il 30 maggio 2008, sono state prodotte 4.492 bottiglie.
Voto 92/100

Siamo in presenza di due espressioni eccellenti del fare vino con profondo rispetto per il terroire e per i cicli della natura, di come si possano valorizzare al meglio i vitigni senza stravolgerne le caratteristiche; espressioni di manualità sapiente e amore.