BOLLICINE DAL MONDO
Riunire in una sola serata nove esempi di vini rifermentati in bottiglia non è facile, ma è entusiasmante ed istruttivo.
Restando in Europa centrale, è stato assaggiato un vino austriaco, Brut Bründlmayer 2007, risultato dell'assemblaggio di Pinot Nero, Zweigelt e St. Laurent.
A circa 70 km a nord-ovest di Vienna, nella Bassa Valle del Kamp, i vigneti terrazzati sono protetti dalle foreste circostanti e sfruttano il calore trasmesso dal terreno roccioso.
Il vino è decisamente sapido e profumato, abbastanza tagliente all'inizio, per poi stemperarsi in un insieme di sensazioni morbide con finale appena abboccato; fresco ed agrumato, di medio corpo, con buona evoluzione, degno rappresentante della via austriaca al metodo classico.
Piccola curiosità: si crede che la parola moderna "vino" derivi dal georgiano "gvhino".
La storia vitivinicola del Sud Africa è abbastanza recente, soprattutto se ci si riferisce alla qualità, perciò non può che sorprendere l'assaggio del Pongrácz Méthodo Cap Classique Brut.
Prodotto nella valle di Devon, vicino alla storica Stellenbosch, da uve Pinot Noir 60% e Chardonnay 40%, da uno dei migliori produttori sudafricani, The House of JC Le Roux.
Il nome è un grazioso omaggio a Desiderius Pongrácz, un conte Ungherese rifugiatosi in Sudafrica negli anni cinquanta del secolo scorso, brillante enologo che ebbe un ruolo importante nella viticoltura moderna del Paese.
I vigneti sono situati tra i 150 ed i 300 metri d'altitudine, hanno età media di 16 anni, subiscono notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte, crescono su terreni misti a prevalenza argillo-ferrosa.
Dopo l'assemblaggio, le bottiglie attendono almeno due anni sui lieviti ed alcuni mesi in cantina dopo la sboccatura.
In dialetto sudafricano, questo vino è chiamato "vonkelwijn", vale a dire "vino che scintilla": definizione oltremodo azzeccata, perché è proprio così che si presenta ai sensi. Accosti al naso e sei subito colpito dalla balsamicità, seguito dalle frutta mature e profumate; una leggera nota di fragole di bosco s'affaccia timida, sopravanzata poi dall'irruenza della crema pasticcera e dal pompelmo rosa.
La rispondenza naso-bocca è assoluta, con l'aggiunta di una freschezza ragguardevole e di un'eleganza che raramente si trova nel panorama sudafricano. Il corpo è quasi possente e l'alcol è di squisita fattura, morbido e avvolgente.
La sorpresa maggiore è venuta dal Neozelandese Saint Clair Vicar's Choice Sauvignon Blanc Bubbles di Sain Clair Family Estate.
Situata nella zona di Marlborough, alla punta settentrionale dell'isola meridionale della Nuova Zelanda, l'Azienda è stata fondata nel 1978 e si è subito fatta apprezzare per la pulizia e la qualità dei suoi vini.
Il clima risente della presenza dell'Oceano Pacifico, sia per i venti impetuosi, a stento ostacolati dalle montagne incombenti, sia per le temperature, che s'abbassano drasticamente di notte, mitigando il sole cocente del giorno: condizioni ideali per sviluppare sufficienti zuccheri ed acidità, oltre ad aromi unici.
Questo vino non fa eccezione, perché regala una ricchezza encomiabile unita alla gamma degli aromi tipici del vitigno; stupisce cogliere prepotente il frutto della passione, così acidulo e dolciastro al tempo stesso, che s'accompagna al pompelmo ed al melone maturo. Che dire della vena balsamica quasi mentolata, dell'impercettibile sentore di lieviti? Elegantissimo, teso, affilato come una katama giapponese, entra in bocca e non l'abbandona per lungo tempo, facendo rimpiangere il momento in cui la bottiglia, ahimé, si svuota.
Ritengo si possa affermare che sia un vino perfetto.
Il mondo anglosassone ha riservato un'altra emozione inattesa.
Gusborne Estate Blanc de Blancs 2007, prodotto in 5.000 bottiglie nella parte sud-orientale della Gran Bretagna, nell'antica scarpata di Kentish.
I cambiamenti climatici hanno riportato il sud dell'isola alle condizioni che conobbe Giulio Cesare e gl'investitori non si sono fatti scappare l'occasione di sfruttare questa nuova possibilità.
Nei venti ettari di vigneto, che presto arriveranno a trenta, si coltivano le uve tipiche della Champagne, su terreni argillosi misti a sabbia, a solo sei miglia dalla Manica, con risultati che ora lasciano quasi senza parole, come in questo caso.
In Spagna si producono milioni di Cava, spesso di media, se non bassa, qualità, ma, come sempre accade in questi casi, c'è chi eccelle.
Qui si è in presenza del classico uvaggio, Xarel-lo 46% Macabeu 36% Parellada 18%; composto, fruttato con sfumature di confettura, abbastanza secco, decisamente balsamico, composto nell'effervescenza, equilibrato; nonostante sia un nature, presenta leggere note dolci, che non guastano ed arrotondano l'acidità dell'uva preponderante.
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