martedì 17 luglio 2007

VINO E RIVOLUZIONE FRANCESE


Mi sono imbattuto in un articolo presente su Focuswine di qualche tempo fa.
E' interessante, oltre che curioso. Lo riporto interamente.
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La Rivoluzione Francese? Colpa anche delle tasse sul vino.
di Riccardo Modesti

“La revue du vin de France” si è occupata di un aspetto storico piuttosto inconsueto relativamente alla rivoluzione delle rivoluzioni - quella Francese del 1789 -: in un dettagliato articolo, infatti, si fa riferimento alle conclusioni di alcuni ricercatori secondo i quali tra i “motori” di uno degli avvenimenti più importanti della intera storia vi sarebbe stata la “sete” diffusa tra gli strati sociali più bassi, dovuta alle restrizioni e alle ingenti tassazioni che erano state imposte sui vini, in particolare all’interno delle grandi città. Non solo la mancanza di pane e i continui soprusi della nobiltà, dunque, sarebbero stati alla base del malcontento popolare, come abbiamo tutti noi letto sui libri di scuola.
Ruotando indietro le lancette dell’orologio della storia fino a poco prima della presa della Bastiglia, infatti, possiamo osservare una situazione piuttosto difficile: a fronte di una domanda di vino nelle grandi città del Regno in continuo aumento, bisogna infatti considerare il cattivo stato dell’acqua potabile, divenuta insufficiente e spesso contaminata. Le porte dei centri principali erano presidiate dalle “barrières d’octroi”, sorta di dogane attraverso le quali passava ogni merce e che riscuotevano su esse una sorta di diritto di entrata, che per il vino era divenuto via via sempre più alto, al punto che il vino “ordinario” costava entro le mura fino a tre volte rispetto ai sobborghi. Bisogna tenere anche conto del fatto che, in pratica, questa tassa andava a colpire essenzialmente la gente comune, in quanto la maggior parte dell’aristocrazia e della borghesia abbiente possedeva propri vigneti.

Vino di contrabbando. Questo stato di cose aveva fatto nascere luoghi di commercio e vendita al di fuori delle mura delle città, chiamati “guiguettes”, che servivano anche da base per la ovvia attività di contrabbando che era nata con lo scopo di introdurre vino all’interno delle mura stesse, senza pagare alcuna tassa.
L’articolo segnala in particolare, tra i sistemi più fantasiosi, nientemeno che una catapulta usata per “sparare” otri oltre le mura, un condotto sotterraneo e anche un trasporto via mongolfiera.
Uno dei più intraprendenti tra questi contrabbandieri, tale Monnier, agiva a Parigi, e sembrerebbe essere stato uno degli organizzatori, se non addirittura il leader, nientemeno che della presa della Bastiglia, soffiando sul fuoco del malcontento degli “assetati”. Monnier non agì ovviamente per il bene comune, quanto per il tornaconto personale di cui avrebbe beneficiato dal disordine sociale che avrebbe causato.
Una volta avviata la rivoluzione, i nuovi “governanti” della capitale pensarono all’abolizione dell’odioso balzello: la decisione, nonostante la perdita economica che avrebbe significato per le casse e il venir meno di qualunque controllo sulla qualità del prodotto, venne alla fine presa. Bisognerà attendere il 1804, e Napoleone, per vedere reintrodotta la tassa sui prodotti alcolici, sotto il nome di “droit à l’inventaire”.