venerdì 25 settembre 2009

CONFERME GASTRONOMICHE E SORPRESE ENOICHE

Risulta sempre piacevole, e rassicurante, trovare conferma dei propri giudizi espressi tempo addietro, soprattutto quando si tratta di ristoranti.
Stiamo parlando di Rovello 18, posto nell'omonima via, a Milano.
Due sere fa siamo ritornati per assaggiare alcune bottiglie che avevamo trovato con una certa difficoltà e per godere dell'atmosfera rilassata ed amichevole del locale.
Come sempre, Cinzia e Gualtiero ci hanno accolti con calore ed hanno partecipato alle nostre prove, condividendo emozioni e suggerendo accostamenti.
In cucina c'è ora solo Cinzia e riteniamo che il suo sacrificarsi produca ottimi risultati.

Abbiamo iniziato con una lonzetta di maiale marinata, servita con un filo di olio extravergine, affettata fine: Cazzamali, noto elaboratore di carni, avvolge la lonza, proveniente da maiali lombardi alimentati come dio comanda, in una mistura di 1 kg di sale marino evaporato e 5 kg di zucchero di canna, per una settimana; il risultato è notevole, poichè si ha la possibilità di percepire la morbidezza succulenta della carne ed i leggeri aromi selvatici, ingentiliti dal gusto lievemente agro-dolce.

A seguire, è giunto un crostino con tartufo bianco di Alba: il fungo non presentava molti profumi, dava l'impressione di essere "verde", però in presenza dell'olio extravergine e del calore della bocca le caratteristiche organolettiche del tartufo si sono sviluppate.

Che dire dei ravioli del plin ripeni di carne con burro fuso e salvia? Una conferma che potremmo definire rassicurante.

Indi, alcuni medaglioni di filetto di capriolo spadellati con camicia di pancetta affumicata, serviti con spinaci croccanti stufati e cipolline in agrodolce: i sapori lievementi selvatici sono stati esaltati dalla cottura, in verità perfetta, perché il cuore era al sangue; la sottile crosta superficiale - grazie Maillard e la tua reazione! - ha conservato i liquidi aromatici della carne che, fuoriuscendo al taglio, hanno incrementato la finezza del fondo di cottura ed aggiunto nuovi sapori; ottima l'idea di accostare gli spinaci croccanti, che hanno contribuito a pulire la bocca, oltre che dare una nota di astringenza gradevole; le cipolline in agrodolce hanno fatto da contraltare ai gusti decisi e lasciato un ricordo piacevole, oltre che compiuto, del piatto.

Uno dei motivi per i quali s'è invogliati a tornare da Rovello 18 è costituito da uno dei dessert più semplici e perfetti che sia dato gustare: meringa con panna e mirtilli; è un piatto goloso, infantile, perché rimanda indietro nel tempo, quando il dolce, inteso come sensazione gustativa, era un premio e rappresentava il massimo del piacere. La meringa si scioglie in bocca come una nube, che però non porta un temporale, bensì deliziosa frescura; soddisfa e chiude ogni pasto in modo perfetto: dopo di essa, nulla più!


Avevamo portato due bottiglie di Barolo, che puntualmente sono state aperte ed accostate ai piatti.

Barolo Villero Riserva 1999, Boroli: aspetto perfetto e corretto per la sua età, con unghia granata e centro di rubino intenso e fitto, oltreche brillante. Portato al naso, sviluppa potenza, eleganza, complessità, austerità; si percepiscono sentori di botte piccola, decisamente utilizzata in modo oculato, poiché non coprono ma esaltano il panorama gustativo, evidenziando i profumi varietali; la frutta rossa matura, insieme alla balsamicità ed al pepe, fanno da contorno a quella che si potrebbe definire una viola spudorata. In bocca è austero, asciutto e con tannini che devono ancora ammorbidirsi; la buona e gradevole acidità convive con un corpo medio e con sensazioni fruttate limitate; l'alcol cerca di supplire le deficienze del corpo; il sentore della barrique si sposa con il tutto e l'armonizza, anche se tende a diventare il protagonista, Un vino che non ha molta corrispondenza naso-bocca e che lascia un poco delusi, anche se è certamente un ottimo esempio della tendenza "moderna" di fare barolo. Voto: 83/100


Barolo Riserva 1961, Borgogno: al cospetto di una bottiglia dalla ragguardevole età s'è assaliti da legittimi momenti d'apprensione, anche se in questo caso sapevamo che era stata conservata con tutti i crismi. Aperta con precauzione e versato il vino nel bicchiere adatto, abbiamo potuto ammirare il rosso rubino profondo che sfumava nel rassicurante granato. Come è ovvio, s'è aperto lentamente ed in modo ineluttabile; spezie, viola appassita, cannella, cacao, te, caffè si succedono insinuandosi uno nell'altro; è restio, sottile, elegante, per certi versi intrigante.
In bocca, al primo impatto sembra magrissimo, ma poi s'espande e si stratifica; i sentori sono sottili ed equilibrati, anche se non comunicano sensazioni esaltanti e coinvolgenti; più rimane a contatto con l'ariapiù tende a smontarsi; s'impoverisce, perde i tannini e rimangono sentori di cantina; nonostante l'età, è un vino che non presenta difetti, avendo mantenuto le proprie caratteristiche di nobiltà: suscita l'immagine di un vecchio nobiluomo disilluso; andava aperto almeno 6/7 anni fa e si sarebbe potuto godere di un'eperienza entusiasmante, anche se questa è stata molto istruttiva. Voto: nc


Quasi per consolarci, Gualtiero ha portato una bottiglia di Rujino 1994 di Gravner, un uvaggio di merlot e cabernet sauvignon: pulito, elegante e rotondo, accattivante e fruttato, morbido con leggere citazioni balsamiche e speziate dalle quali fuoriesce prepotente il pepe bianco. In bocca è erbaceo, gradevole, accattivante, potente, anche se non elegantissimo; è un vino equilibrato che conquista, soprattutto per la sua naturalezza e sincerità varietale. Voto: 86/100

A conclusione della serata, possiamo affermare di aver avuto una gradevole conferma delle qualità del Ristorante e essere rimasti un poco delusi dal Barolo del 1961: i viaggi nel mondo del vino riservano sempre sorprese, nel bene e nel male.

IN CANTINA DA CAPPELLANO

Una settimana fa abbiamo avuto il picere di passare alcune ore con Augusto Cappellano.
Gli argomenti trattati sono stati vari, a testimonianza che i grandi vini necessitano della profonda cultura unita ad altrettanta umanità.
Degno erede e continuatore del grande Teobaldo, Augusto ci ha fatto da guida nel suo, e grazie al cielo anche nostro per poco , mondo di botti che stanno facendo maturare grandi vini.
Entri e t'immergi in un'atmosfera profumata, un misto di legno finissimo, lieviti, fiori secchi, fieno cotto dal sole; ci si muove tra le botti come in balletto leggero, soffermandosi ed accarezzandole, con rispetto ed amore; ci si illude che parlino e ci raccontino quello che stanno facendo, per renderci partecipi del miracolo che si sta compiendo.

Dalla botte sono stati sottratti:
Nebbiolo 2006
Barolo Rupestris 2005, 2006, 2007
Barolo Otin Fiorin, Piè franco-Michet 2005, 2006, 2007

Tutti presentano colore rosso rubino entusiasmante e vivo, brillante; i profumi vinosi hanno già note di morbidezza, talvolta di confettura di frutta unite ai sottili accennati sentori di viola; i tannini, ovviamente ancora giovani, sono sorprendentemente eleganti e non agressivi, promettono evoluzioni degne di nota; stupisce, e convince, la freschezza, dovuta ad un'acidità equilibrata e vinosa; la botte grande è deliziosamente percepibile, contribuisce a trasmettere idee di velluto setoso e di soavità.
Poter percepire l'appena accennata austerità e riconoscere l'inizio di una lunga ineluttabile evoluzione è stata un'esperienza unica e molto istruttiva, che ci ha fatto comprendere ancora meglio la filosofia di Cappellano.

Poi, Augusto ci ha aperto una bottiglia di Barbera 1999 imbottigliata ai primi di settembre 2009; si chiamerà, quando messa in commercio, Taffetà: che dire, se non maledire tutti quei vignaioli che bistrattano per ignoranza e bieco tornaconto un'uva dalle enormi potenzialità?
L'unghia aranciata s'infittisce nel rubino profondo, che testimonia quanta vita il vino abbia ancora davanti a sé; i profumi terziari sono netti, uniti a note giovanili di vinosità e di frutta matura; le spezie s'offrono in una gamma ampia e variegata; in bocca questo vino sorprende ancor di più: è beverino, quasi morbido, fresco, con i tannini in perfetto equilibrio con le componenti acide e quelle fruttate; di corpo medio, è un ottimo esempio di affinamento e non d'invecchiamento; nel finale, in bocca rimane l'acidità varietale dell'uva d'origine. Voto: 92/100

Non poteva mancare un gran finale, per chiudere in modo eclatante l'incontro: un assaggio di Barolo Chinato 1950, che è stato confrontato con uno molto più giovane, per poter apprezzare l'evoluzione del prodotto.
L'inventore del barolo chinato non si smentisce, sia per la scelta accurata del vino sia per la sapiente mistura delle erbe officinali, lavorate rigidamente a mano, secondo una ricetta, ovviamente, segreta, della quale è depositario Augusto; le note di barolo evoluto e profondo mettono in risalto l'agrumato e la morbidezza, ricordano i migliori vini di Xerez, a nostro parere superandoli. Voto: 99/100

L'incontro s'è concluso con una goccia di tristezza in fondo all'animo, perché Teobaldo ci ha lasciati e perché gioielli di questo genere non si possono avere tutti i giorni; ma la melanconia ha lasciato il posto alla profonda riconoscenza ed alla convinzione, rafforzata, che il futuro del vino è rappresentato dall'antico rispetto per la natura e le sue leggi.