venerdì 20 giugno 2008

NON SOLO UN APERITIVO



Domenica 15 giugno s'è deciso di concederci un aperitivo in un luogo tranquillo, lontano dai forzati del brunch domenicale; abbiamo optato per il foyer dell'Hotel Four Season, in Via del Gesù, a Milano.

Ambiente ideale per parlare con la necessaria, e dovuta, riservatezza, ridondante negli arredi eclettici, così amati dalla clientela cosiddetta internazionale.

Quello che contraddistingue questi luoghi, in ogni parte del mondo, è l'alta qualità del servizio, ma dobbiamo confessare che al Four Season siamo rimasti colpiti dal modo col quale il cliente è accudito; è necessario usare questo termine, che è il più adatto a descrivere le sensazioni provate.
Essere coccolati dal sommelier Paolo Milani, dalla lunga esperienza anche se giovane, è gradevole e rassicurante, perché gli sono sufficenti scarne indicazioni per interpretare alla perfezione i tuoi desideri, forse a prevenirli.

Abbiamo iniziato con la Riserva Millesimata 2002 Gaston Chiquet [90/100], uno champagne ricco dalla freschezza entusiasmante, che ci ha ben predisposto ad accogliere il suggerimento di Paolo di proseguire con lo champagne Brut Rosé De Saint Gall [86/100], che non conoscevamo; è stato un incontro più che piacevole, per la vinosità, la struttura imponente - grazie, pinot noir! - ed i delicati profumi di sottobosco; si tratta di un vino che può accompagnare un pasto, poiché s'adatta a molteplici accostamenti.

Ma, come tutti sanno, l'aperitivo a base di bollicine non perdona: vuole che si continui con qualcosa di più sostanzioso!
Di nuovo, Paolo ci ha letto il pensiero e ci ha proposto di passare nella Veranda, il ristorante aperto 24 ore, per spiluccare qualcosa; ci ha messo nelle mani dei due maitre, Luigi e Massimiliano, che ci hanno fatto servire, in sequenza, un'insalata di granchio, fettuccine con zucchine vongole e bottarga di muggine, un filetto di tonno appena scottato e, per finire, una sfoglia con fragole e crema Chantilly.

Nei confronti delle cucine dei grandi alberghi siamo un poco prevenuti, viste le deludenti esperienze, ma in questo caso dobbiamo ricrederci: si percepisce la mano di Sergio Mei, executive chef del Four Season, pluripremiato, maestro indiscusso insieme e Gualtiero Marchesi dell'alta cucina italiana.

I piatti, apparentemente semplici, nascondono la complessità della scelta degli ingredienti e la cura con la quale sono proposti; gocce di oli extravergine sopraffini, saporosi e talvolta speziati, hanno aggiunto note di piacevolezza.


Il sommelier ci ha fatto degustare uno Chardonnay Moulin de Gassac prodotto da Mas de Daumas Gassac, della regione Languedoc-Roussilon, nel Sud della Francia: gradevole, ben strutturato, minerale e vegetale, fresco con sottili note balsamiche; non era l'ideale accostato al granchio, perché tendeva a sopraffarlo. 83/100

A seguire, un Sauvignon Blanc di Terlano, soave ed elegante, caratteristico, sottile come una lama. Con il delizioso e leggero piatto di fettuccine è stato un incontro ideale. 86/100

Con il tonno, è stata proposta una coppa di Bourgogne, Hautes Cotes de Nuit 2006 di Patrick Hudelot: giovane, giustamente tannico, abbastanza vellutato, fruttato e speziato; è un vino semplice, che può conservarsi per qualche anno ancora. 81/100

Quello che doveva essere un semplice aperitivo s'è trasformato in un piccolo assaggio della cucina di Sergio Mei, che certamente torneremo a visitare, anche per incontrare di nuovo i simpatici, educati e professionali Paolo, Luigi e Massimiliano.

martedì 17 giugno 2008

RENDERE LE STELLE?!

Le agenzie di stampa hanno divulgato la notizia che Gualtiero Marchesi ha tenuto una conferenza stampa il 16 giugno per annunciare il proprio rifiuto al meccanismo delle valutazioni applicato dalle diverse guide.
Riporto alcuni stralci tratti dall'Ansa:

"Si viene giudicati in base a quello che piace, applicando il proprio gusto personale, un sistema che io non intendo più accettare: per questo non voglio più essere giudicato dalla guide con punti e stellette. Chiedo quindi alle guide che se vogliono possono pubblicare un giudizio, ma non voglio più i punteggi, so che corro il rischio di non essere più inserito nelle guide, ma è un rischio che alla mia età posso anche correre".


"Lo ha detto Gualtiero Marchesi, considerato tra i più grandi chef italiani, insignito di premi e riconoscimenti a livello internazionale, in una conferenza stampa convocata per spiegare la sua decisione. Marchesi è stato il primo cuoco italiano nel 1985 a ottenere dalla Guida Michelin le tre stelle."

"Quella di Gualtiero Marchesi è una scelta che rispettiamo: ma il nostro lavoro è dare un punteggio, ed è quello che la gente vuole da noi, voti sui ristoranti non semplici descrizioni". Lo ha detto Giampaolo Galloni, direttore comunicazione della Michelin, presente a una conferenza stampa convocata dal ristoratore Marchesi. "Ora valuteremo come affrontare questa situazione - ha aggiunto Galloni - chiaramente è una situazione nuova però ripeto siamo nati per quello, per dare dei punti, non semplici descrizioni o informazioni sui posti che la gente può trovare in qualunque altro modo".

LA STAMPA
Fausto Arrighi, direttore della Michelin, che testa i ristoranti italiani con dieci ispettori professionali, con garbo respinge al mittente la critica marchesiana: «Non è il ristoratore che sceglie se avere o no la stella. Ricordo che a Parigi tre anni fa lo chef Alain Senderens dichiarò di non volere più le tre stelle che gli erano state assegnate e cambiò tutto nel suo locale, diventando un bistrò di lusso. Oggi il ristorante Lucas Carton ha due étoile. Quanto a Marchesi, sono ancora commosso per la sua grande cucina e per la sua attività di maestro insuperabile, ma noi continueremo a giudicarlo insieme ai nostri clienti». Sulla stessa linea Enzo Vizzari, direttore della Guida dell’Espresso - che definisce «irricevibile» la richiesta, in quanto «chi sta sul mercato può essere verificato da tutti» - e Marco Bolasco, direttore della Guida del Gambero Rosso, che dice: «Ricevo molte richieste di ristoratori che vogliono essere recensiti. Ma giudichiamo noi in redazione, di volta in volta: lo ricordo con il massimo rispetto a Gualtiero Marchesi, perché le guide gastronomiche non sono uno scambio con nessuno».

Ho un profondo rispetto per Gualtiero Marchesi, che conosco dai tempi del ristorante in Via Bonvesin della Riva a Milano, e comprendo il suo sentire, che per altro è comune a molti suoi colleghi. Troppe volte abbiamo dovuto riconoscere che certi giudizi erano opinabili, nel bene e nel male, ma non possiamo dimenticare uno dei tanti insegnamenti che m'ha lasciato il mio Maestro, Luigi Veronelli: "come un ristoratore ha il diritto di proporre la propria cucina, così il cliente ha il diritto di esprimere un giudizio su ciò che gli è servito, indipendentemente dal conto".

Continuerò a frequentare i locali di Marchesi e continuerò ad esprimere valutazioni, su di lui e sui suoi comagni di fatica, rispettandoli, concedendo il beneficio del dubbio se il caso, serenamente.
Sono convinto che una critica costruttiva e motivata sia sempre utile, quando dettata dall'amore per la cucina e non condizionata da inconfessabili finalità.

lunedì 16 giugno 2008

QUANDO LA REALTA' SUPERA LA FANTASIA


Avevo appena espresso alcune considerazioni su un vino "simil Amarone" prodotto in Argentina con la consulenza - o partecipazione - di Allegrini, quando un amico, Franco Ziliani nel suo blog, mi ha segnalato un altro fatto, ancora più sconcertante.
Da anni Masi, Azienda nota per l'Amarone ed altri pregevoli vini, produce a Tupungato, nella regione di Mendoza, Argentina, un vino con la tecnica del ripasso, utilizzando uva Malbec (65%) Corvina Veronese (30%) e Merlot (5%), il Paso Doble!
Non posso fare a meno di riportare i dati forniti dal sito di Masi:
"Masi Tupungato: natura argentina, stile veneto. La matrice veneta in viticoltura, nelle tecniche enologiche e nello stile del vino può essere esportata ed adattata quando le condizioni ambientali e culturali lo permettano. Forte di questa convinzione, Masi ha trovato i riscontri più positivi in Argentina, nella valle di Tupungato (Mendoza).
Nell'azienda "Vigneti La Arboleda", a fianco degli emblematici vitigni argentini Malbec e Torrontés sono state piantate uve autoctone delle Venezie e, per i rossi, applicate le tecniche dell'appassimento e doppia fermentazione di cui Masi è specialista. Nei vini si ritrovano la natura argentina, generosa, forte ed esuberante, e lo stile dei vini veneti, piacevole, elegante e sempre cordiale.
Un innovativo sistema di irrigazione e di umidificazione ha adattato il clima del vigneto alle esigenze delle delicate uve veronesi.
La cantina di vinificazione, in fase di completamento, evoca la tipica corte agraria veneta coniugandola con lo stile architettonico rurale del Nuovo Mondo.
La doppia fermentazione dell'uva Malbec con una percentuale di uva Corvina leggermente appassita apporta al vino richezza di aromi, struttura, tannini eleganti e morbidi, ottenendo così un vino di classe con potenziale di lungo affinamento. Passo (sic!) Doble è eclettico negli abbinamenti: dalle carni, alla selvaggina, ai formaggi saporiti e stagionati."
Nel caso si desideri approfondire le conoscenze sul ripasso, qui c'è una buona spiegazione.
Sinceramente, non ho parole per quest'ulteriore prova di non lungimiranza: le note scritte dagli addetti alle PR di Masi si commentano da sole; la ciliegina sulla torta è l'effetto Disneyland costituito dalla riproposizione della "tipica corte agraria veneta...": ad un vino clone non poteva mancare un ambiente clonato.