martedì 16 ottobre 2007

EVENTO QUASI UNICO

Tra le mille contraddizioni di Caracas, ce n'è una che mi piace: il progressivo interesse per il vino di qualità.
Oggi sono numerose le persone che cercano di soddisfare la propria passione e che non si lasciano sfuggire ghiotte occasioni. Una di queste è rappresentata dal SIG - Salone Internazionale della Gastronomia - che si terrà presso l'Università Metropolitana, dal 25 al 29 ottobre.
Nella passata edizione, ho guidato due degustazioni di vini italiani, il Barolo ed il Franciacorta. Quest'anno, non ho potuto essere presente di persona, ma lo sarò virtualmente, attraverso alcuni vini che ho selezionato e fatto arrivare.
Eccoli:

Vini bianchi, il 27 ottobre:
-Tapanappa Chardonnay 2005. Australia
-Brewer Clifton Chardonnay 2004. Stati Uniti
-Chablis Vaudèsir Louis Michel 2004. Francia
-Cantina di Terlano Chardonnay 1994. Italia
-Montrachet Marc Colin 1994. Francia

Vini rossi, il 28 ottobre:
-Giaconda Pinot Noir 2004. Australia
-Brewer Clifton Pinot Noir 2004. Stati Uniti
-Oxenreiter Pinot Noir 2001. Italia
-Corton Clos du Roi Prince de Merode 2003. Francia
-Hospices de Beaune Corton Mèo-Camuzet Dr Peste 1998. Francia
-Mazis Chambertin, Leroy 1996. Francia
-Richebourg Domaine de la Romanée Conti 1998. Francia


Si tratta di bottiglie "pronte", vale a dire giunte al momento giusto per essere stappate ed apprezzate.
Un evento unico, che si potrebbe definire storico, anche perché, con legittimo orgoglio, sono presenti due vini italiani, lo Chardonnay della Cantina di Terlano ed il Pinot Nero Oxenreiter; questi ultimi erano stati provati precedentemente: vedi i post: Pinot Nero e Chardonnay

giovedì 11 ottobre 2007

SERATA AUSTRALIANA


Ho partecipato ad una cena durante la quale sono stati serviti vini australiani di un solo produttore, Penfolds.
E' stata la conferma dell'alto livello qualitativo di questa azienda, che nel tempo è riuscita a creare un proprio stile, affrancandosi dal cosiddetto gusto internazionale.

Il primo vino è stato Yattarna 2003, uno chardonnay elegante e fruttato, con delicate note mielate e buona freschezza. Il nome, in dialetto aborigeno, significa "piano piano": è stato adottato da Penfolds per indicare che è il frutto di una lunga ricerca al fine d'individuare il metodo più adatto a vinificare quest'uva.

Il secondo è stato Bin 2 2004, taglio shiraz-mourvedre, seguito da Bin 138 2004, taglio shiraz-grenache-mourvedre: due vini che hanno dimostrato la predisposizione naturale dello shiraz all'unione con altri vitigni, per generare prodotti ricchi e fruttati, sorprendentemente freschi e speziati. Il mourvedre, uva diffusa in Spagna con il nome di monastrell, ha donato al vino una morbidezza degna di nota.

Siamo poi passati agli ultimi tre, ottenuti da shiraz in purezza: Thomas Hyland Shiraz 2004, Bin 128 Coonawarra Shiraz 2002 e Saint Henry Shiraz 1998.
Abbiamo potuto apprezzare le differenti sfumature dello shiraz a seconda dei terreni sui quali cresce, cogliendo sottili ma significative differenze. Tutti hanno mostrato morbidezza ed eleganza esemplari, ricchezza di aromi speziati e di frutta rossa, lievi presenze di piccola botte; il profumo del glicine si è fatto sentire, delicato e coinvolgente.

giovedì 27 settembre 2007

L'ARTE DELLA DIGESTIONE

Parecchie sono le informazioni e le note che sono presenti in rete relative alla gastronomia e dintorni. Oggi ne ho individuata una, che mi sembra interessante e che condivido.
E' apparsa su "La Stampa" online, a firma di Fernando Savater. Eccola:

All’inizio dell’anno, durante una riunione gastronomica denominata Madrid Fusión, il famoso cuoco Santi Santamaria (del ristorante barcellonese Can Fabes) ha fatto alcune dichiarazioni che hanno suscitato, insieme, polemica ed entusiasmo. Attorniato da esperti di gastronomia che parlano di minestre e di dessert con termini da tecnologia avanzata, ha sostenuto senza fare una piega: «La verità della cucina è cucinare, cucinare e cucinare. Non credo nella cucina scientifica né nell’intellettualizzazione dell’atto culinario. Non m’interessa sapere che cosa accade a un uovo quando lo friggo, voglio solo che sia buono». E , con una disinvoltura apparentemente suicida, ha concluso: «Siamo una compagnia di commedianti che lavora per soldi e per dare da mangiare ai ricchi e agli snob». I commedianti, i ricchi, gli snob presenti all’incontro gli hanno tributato una standing ovation: dentro ognuno di noi si cela un essere obliquo che sogna di vedersi pubblicamente smascherato, anche solo per un minuto.
È da parecchio tempo che sono affascinato dalla penosa serietà con cui intellettuali di tutto rispetto esprimono la loro devota attenzione alle più sofisticate e sofistiche manifestazioni d’alta cucina. Si tratta, generalmente, di personaggi che si dimostrano scettici nei confronti delle vicende politiche e religiose. Qualcuno, addirittura, prova gusto nell’esibire un’arietta cinica davanti a certi aspetti poco puliti della vita d’ogni giorno.
In materia di spume di carne, frittate destrutturate e aromi elaborati al computer dimostrano, però, una credulità che lascia di stucco. Entrano in trance non appena varcano la soglia d’uno di qui palazzi della moda soffritta il cui motto è stato inventato, anni fa, dal vecchio Paul Bocuse: «Niente nel piatto, tutto nel conto».
Rispettiamo questa variante della fede, fa parte della libertà religiosa di cui godiamo. Ma, visto che ogni snobismo e pacchianeria tende indefettibilmente a coniare una sua propria estetica, ecco la cucina tramutata in arte.
Certo, in senso lato ci sono sicuramente «artisti» dei fornelli, gente che li usa con destrezza e abilità particolari, che si documenta con cura su materie prime e condimenti o che ha una speciale inventiva nell’armonizzare i sapori.
Non è cosa da poco e meritano tutto il nostro apprezzamento.
Ma la loro bravura appartiene all’onesto mondo dell’artigianato, non a quello della creazione artistica, il cui obiettivo non è soddisfare i sensi, ma risvegliare sentimenti e spingere alla scoperta di inediti significati.
L’effetto più alto d’un piatto è saziare gradevolmente la fame; e favorire un diverso intreccio di gusti nel palato delle persone che hanno un appetito viziato (i ricchi, gli snob).
La vera arte, in realtà, incomincia dopo. Se il tubo digerente fosse una galleria adeguata per un nuovo tipo di mostre bisognerebbe riconoscere come opera d’arte non solo quello che vi entra, ma anche quello che ne esce (già c’è stato un anticipatore che ha venduto «merda d’artista» in lattina).
L’incoronazione di Ferrán Adriá durante la Fiera dell’arte di Kassel non aggiunge una virgola alla sua «genialità», ma rivela quanto siano insulsi i chierici dell’attuale decadenza artistica.
Gustav Meyrink, a proposito dell’«arte regionale», ha affermato: «In essa l’arte non c’è e il regionale è contraffazione». Dell’arte culinaria temo si possa dire più o meno lo stesso.
Forse per questo motivo il saggio gastronomo Jean-François Revel pensava che il popolare e ultraclassico «Chez Allard» fosse il miglior ristorante di Parigi e quando veniva in Spagna, mentre attorno a lui i dilettanti appassionatamente degustavano decotti e strani croccanti, lui si barricava dietro un piatto di prosciutto «pata negra» e una bottiglia di vino bianco di Sanlúcar.

mercoledì 26 settembre 2007

UN PROFUMO MOLTO SPECIALE ....


Ho trovato nel sito http://www.girlpower.it/sex/curiosita/profumo_ai_feromoni.php un articolo di Milena Quercioli, che mi sembra molto interessante.

"Il profumo della passione che promette di rendere irresistibile chi se lo spruzza addosso"

Ecco un'invenzione che fa sorridere, Pheromonè un profumo che richiama l'attenzione delle donne.Non si trova nelle farmacie oppure in profumerie ma via internet sono diversi i siti che vendono "il profumo miracoloso dell'amore".Questo afrodisiaco di nuova generazione è basato su feromoni umani maschili mescolati con gli oli essenziali per generare un odore che stimola pazzamente ogni donna! Viene da pensare che sia la solita truffa del web invece Pheromone è scientificamente provato.
I feromoni sono potenti sostanze che fungono da messaggeri, secrete in particolare dagli insetti e dai mammiferi inclusi gli esseri umani per attirare il sesso opposto. "I feromoni influenzano il comportamento umano a livello subconscio, e le donne si sentono attirate da tale odore" scrive il World Medicine.
L'effetto principale dei feromoni umani è particolarmente interessante, perché non è percepito consciamente dalla donna oppure dall'uomo visto che le informazioni olfattive del VNO (organo vomeronasale) nel naso sono trasmesse direttamente al cervello. Il VNO (non confondere il VNO con il senso dell'olfatto normale) agisce come un organo indipendente e trasmette le molecole microscopiche di feromoni direttamente al cervello.
I Feromoni umani hanno finalmente il gusto di verità scientifica dato che gli scienziati trovano sempre nuove prove che dimostrano che i feromoni, comunemente inodori, sono decisivi per il desiderio, l'amore e il sesso.
Durante una conferenza a Londra dell'Autralian and New Zeland Marketing Academy sono stati presentati i risultati di una ricerca di mercato condotta su un campione di donne tra i 18 e i 30 anni. Secondo il documento, il feromone maschile, un particolare profumo sessuale subliminale, può influenzare le abitudini, i gusti e le scelte delle donne...... Uno studio condotto presso la San Francisco State University, il primo del genere, lo ha documentato, presentando i risultati della ricerca sulla rivista Physiology & Behavior: l'aggiunta di un feromone sintetico al profumo comunemente usato dalle donne riesce ad aumentare l'attrazione che essa esercita a tal punto da sconvolgerne la vita.
Gli esperimenti offrono la prima prova solida dell'esistenza di Feromoni umani, composti prodotto dall'individuo che possono influire sulla biologia o sul comportamento di un altro. Gli odori sono in grado di dominare i tuoi sentimenti, sono percepiti dall'olfatto da tutti noi e con questo organo indaghiamo istintivamente la persona che ci interessa, tanto più se ci piace.
Una cosa è certa: l'amore passa per il naso e ogni essere umano ha un odore completamente diverso dagli altri.
L'olfatto, d'altra parte, è insieme al gusto un "senso chimico" in senso stretto, poiché utilizza come "informatori" sostanze chimiche specifiche, secondo un meccanismo molto complesso. Nel tessuto olfattorio ci sono tante centraline (recettori cellulari) sensibili a determinati stimoli chimici. Quando uno di questi stimoli arriva, la centralina si attiva e trasmette il messaggio al sistema nervoso centrale che, a sua volta, risponde con una cascata di reazioni organiche, emozionali e comportamentali.
L'esempio del ricordo olfattivo è rappresentativo.
Un odore può evocare scenari complessi del passato, stimolando associazioni emotive e affettive immediate, in virtù dello stretto legame tra strutture olfattive e sistema limbico, la zona del cervello dalla quale passano le nostre emozioni.
Esse hanno un effetto rilevante sul comportamento sessuale. Una semplice ragione è responsabile del successo o meno : l'olfatto non mente.
Mentre le informazioni dei sensi della vista e dell'udito sono registrate e trasmesse dal cervello, quindi dal nostro centro d'elaborazione d'informazioni razionale, le informazioni che partono dal naso sono trasmesse direttamente al sistema limbico.
Ed è per questo che l'olfatto e il mondo dei sentimenti sono intimamente collegati. Il centro d'elaborazione d'informazioni, dov'è impossibile ingannarsi, è responsabile per i sentimenti e gli istinti. Elemento decisivo per i sentimenti di simpatia o antipatia sono gli odori, che risvegliano associazioni, emozioni e ricordi, influiscono sul nostro modo di agire, indipendentemente dalla nostra ragione. Già un lieve soffio di un di un odore è in grado di disattivare interamente la nostra ragione, all'improvviso.

mercoledì 12 settembre 2007

PINOT NERO

La ricerca di bottiglie di pinot nero che possano reggere il confronto con quelle di Borgogna continua ...
Abbiamo assaggiato due prodotti italiani, uno dei quali ci è parso eccezionale. Eccoli.

- Pinot Nero Oxenreiter Riserva 2001, Alto Adige Doc, 13,5 %vol, produttore Steinhauserhof. Voto 94.
Il colore perfetto e meraviglioso ci ha ben predisposto: rosso rubino carico con sfumature granata ed aranciate nell'unghia, che si sciolgono nell'incolore; portato il bicchiere al naso, è stato un susseguirsi di messaggi olfattivi entusiasmanti: talco, fuliggine, mirtilli, frutta rossa di bosco, cioccolata, caffé; in bocca, si è dimostrato austero, elegante, complesso, ridondante, ricco, giustamente tannico, quasi morbido.
Un pinot nero tipico, di ottima fattura, con grandi possibilità di ulteriore affinamento, che può reggere il confronto con altri vini più blasonati e conosciuti.
Questo vino conferma le grandi possibilità dell'Alto Adoge e del suo terroir nella coltivazione e produzione del pinot nero.

- Pinot Nero L'Arturo 2003, Igt del Sebino, 13,5% vol, produttore Ronco Calino. Voto 80. L'Azienda ha sede nella villa che fu del famoso pianista Arturo Benedetti Michelangeli: il vino è un omaggio all'illustre personaggio.
La torrida estate del 2003 ha lasciato il segno, anche in questo caso; l'eccesso di fruttuosità, unito alla poco eleganza, caratterizza questo vino; è sicuramente giovane, ma ha caratteristiche tali che non fanno molto sperare in un futuro radioso; è da rimarcare la mancanza di tipicità, che, unita alla caratteristica di essere eccessivamente beverino e per così dire sfacciato, giustifica il basso voto attribuito.
Una considerazione viene spontanea: il terroir della Franciacorta favorisce la produzione di pinot nero per la spumantizzazione, ma non è l'ideale per vinificarlo in purezza.

sabato 8 settembre 2007

CHARDONNAY E CHARDONNAY


Sto preparando, insieme a Miguel Abilahoud, una degustazione di grandi vini, che si terrà in ottobre a Caracas. Saranno assaggiati pinot noir e chardonnay.

Per selezionare i vini, abbiamo voluto confrontare alcuni chardonnay, prodotti in Australia, California, Francia, Italia, Nuova Zelanda.

Sono stati valutati secondo la scheda U.I.O. - Union International de Oenologues - da 6 esperti.

La classifica è:
  • Alto Adige Terlano Chardonnay 1994, 13% vol. CANTINA TERLANO (Terlano – Italia) Voto: 95
  • Chablis Grand Cru Valmour 2003, 13% vol. JEAN PAUL & BENOIT DROIN (Chablis – France) Voto: 94
  • Russian River Valley Chardonnay Vine Hill Vineyard 2003, 14,1% vol. KISTLER VINEYARDS (Sebastopol – California) Voto: 92
  • Napa Valley Chardonnay 2003, 13,8% vol. CHATEAU MONTELENA WINERY (Calistoga – California) Voto: 88
  • Margaret River Chardonnay 2004, 14% vol. MOSS WOOD (Wilyabrup – Western Australia) Voto: 85
  • Hawkes Bay Chardonnay Elston 2004, 13,5% vol.
    TE MATA ESTATE (Havelock North – New Zeland)
    Voto: 84
  • Mendocino County Chardonnay Philippine 1998, 13,5% vol.
    ICI / LA-BAS (Santa Maria - California)Voto: 82

Abbiamo potuto verificare come esistano due filosofie differenti nella vinificazione di quest'uva, che si possono definire europea e non europea; più una terza, che è la via di mezzo tra le due.
Lo Chablis e lo chardonnay di Terlano esaltano le caratteristiche proprie dell'uva, dimostrando un assoluto rispetto per quello che può dare.
I vini californiani sono più ridondanti e "costruiti"; quelli dell'Australia e della Nuova Zelanda rappresentano una sorta di compromesso tra quelli europei e quelli nordamericani.
Certe eleganze e finezze si trovano solo negli chardonnay europei, mentre sensazioni di grassezza e di eccessiva fruttuosità sono tipiche dei vini del nuovo mondo, unite alla talvolta invasiva presenza della barrique.
Nell'analizzare queste bottiglie, avendo considerato le differenze di terroir e dei mercati ai quali sono destinate, abbiamo tenuto presente quanto il vitigno fosse riconoscibile.

Quello che ha sorpreso maggiormente è stato l'ottimo piazzamento dello chardonnay della Cantina Sociale di Terlano, Alto Adige, che ha perfettamente sostenuto il confronto con il mostro sacro Chablis: in entrambi la mineralità è entusiasmante, l'eleganza inimitabile, la ricchezza di profumi ampia, l'affinamento perfetto.
E' doveroso sottolineare che lo chardonnay di Terlano è prodotto solo quando la vendemmia si presenta perfetta, che passa i primi due anni in botte, otto in acciaio ed almeno due in bottiglia.

giovedì 30 agosto 2007

ALMA - SCUOLA DI ALTA CUCINA ITALIANA

Ho avuto l'opportunità, ed il privilegio, di visitare un'istituzione eccezionale dedicata all'alta cucina italiana: si tratta di ALMA, La Scuola Internazionale di Cucina Italiana, Piazza Garibaldi 26 - 43052 Colorno (Parma) Tel. 0521.52.52.11 Fax 0521.52.52.52 - infoalma@scuolacucina.it.
La Scuola è ospitata in un'ala del Palazzo Ducale di Colorno, (a 10 km da Parma) situato all’interno di un parco con un bellissimo giardino del 1700. La Reggia, in origine un castello fortificato del XIII secolo, è stata residenza del Duchi di Parma: i Farnese, i Borbone e Maria Luigia d’Austria.
Accompagnato da Andrea Sinigaglia, uno dei coordinatori oltre che storico della gastronomia italiana, ho percorso i corridoi ed esplorato le aule, ove, in un tripudio di acciaio inox e di alta tecnologia applicata alla cucina, si formano i futuri talenti della magica arte dei fornelli.
ALMA perfeziona cuochi di altissimo livello, la maggior parte stranieri, che diffondono nel mondo gli aspetti più significativi della nostra cucina.
Uno dei fondatori è Gualtiero Marchesi, attuale Rettore, ed il Direttore è Luciano Tona: non è necessario aggiungere altro.

mercoledì 29 agosto 2007

UN FELICE RITROVAMENTO

Si erano sottratte allo sguardo, nascoste dietro altre, alcune bottiglie che avevo acquistato tempo fa, durante uno dei miei viaggi alla ricerca di piccoli produttori, che si usa definire "di nicchia".

Sugli scaffali della mia cantina, erano state spostare sempre più indietro, per lasciare il posto a vini dalla pronta beva.

Poi, il felice ritrovamento, anche se con qualche apprensione: saranno ancora bevibili?

Si tratta di sei, solo sei purtroppo!, Vermentino Nero dell'annata 2000, prodotto da Lorieri nel Podere Scurtarola a Massa Carrara.
Il primo pensiero è stato "chissà se il vino avrà retto".
Ho proceduto ad aprire le bottiglie ed a assaggiarle, con una certa apprensione; due, purtroppo, sapevano di tappo, ma le altre.....
Il corpo s'era un poco smagrito, ma le sensazioni organolettiche hanno riservato gradevoli sorprese: frutta rossa con accenni di confettura, sensazioni di pepe bianco, tannini eleganti nella loro inaspettata aggressività, profumi sottili con alcuni accenni di ridotto. Un vino comunque complesso e morbido, fruttato ed austero.

sabato 18 agosto 2007

I MURI PARLANO ...

Su una casa, a Milano.
Può essere un falso, ma è un grido stupendo!

IL VINO TRASVERSALE

Da qualche tempo, circola un'immagine che pubblicizza l'abbonamento a Sky, per vedere le partite di calcio della serie A durante il prossimo campionato.
Trovo singolare, oltre che sicuramente indovinato, il riferimento al vino.
Un'immagine simpatica che fa pensare ...


martedì 14 agosto 2007

RIDERE COL VINO 2


RIDERE COL VINO 1

Ho trovato alcune immagini simpatiche sul tema VINO
Ne pubblicherò alcune.

lunedì 6 agosto 2007

LEONARDO SCONOSCIUTO

Pochi sanno che Leonardo da Vinci si piccava di essere cuoco. Sotto certi aspetti fu l'antesignano della "nouvelle cuisine", quando aprì un "ristorante" a Firenze con Sandro Botticelli, "Le tre Rane di Sandro e Leonardo".
Sembra che il risultato fu disastroso, così come non ebbe molta fortuna, come cuoco, presso la corte di Ludovico Sforza, a Milano.
Questo libro narra delle sue attività e riporta le note di cucina e le ricette inventate a Milano.
Le numerose illustrazioni sono tratte dal Codice Romanoff.
Un aspetto inedito e per certi tratti divertente del grande uomo del Rinascimento.

domenica 5 agosto 2007

PROFUMI NASCOSTI


Secondo una ricerca di un paio di anni fa, e che sembra sia sfuggita ai più:''Tutto fa pensare che l'ovulo femminile guidi lo sperma e lo attiri a sé mediante il rilascio di sostanze di richiamo, di profumi, fra cui appunto quello di mughetto''.

Addentrarsi fra queste cose è un po' come indagare nel meccanismo che sta all'origine della vita, in quel misterioso richiamo tra i due sessi che assicura la conservazione della specie. Ed è stupefacente scoprire oggi che una delle armi di seduzione che da sempre la donna ha adottato per accentuare la propria femminilità nei confronti dell'uomo, cioé un conturbante profumo, è utilizzato anche dall'ovulo per attirare e guidare verso di sé gli spermatozoi e da uno solo di essi farsi fecondare. In questo caso il 'profumo di donna' diventa proprio 'profumo di vita'.

Si può prevedere allora un rivoluzionario sistema di contraccezione?

''Sappiamo - ha spiegato il ricercatore Stock - che ci sono almeno 50 recettori olfattivi nello sperma, ma noi ne conosciamo solo uno''. Presumibilmente ci sono anche altrettante sostanze di richiamo nell'ovaio, tutte da individuare, a parte il mughetto. Gli studi sono ancora agli inizi. Anche se i ricercatori stanno gia' provando ''centinaia di composti profumati per trovare i leganti giusti'', cioé' le chiavi che si inseriscono perfettamente nelle serrature-recettori poste sulla membrana cellulare degli spermatozoi e che riescono ad attivarli e a mobilitarli verso l'ovaio.

PROFUMI PROFUMI



Mi sono imbattuto in un sito molto interessante, che riporta una ricerca approfondita sulla semeiotica del profumo.
Riporto alcuni pezzi, che ritengo illuminanti.
___________
Capire come il cervello sente gli odori, non soltanto quelli che percepiamo in modo chiaro, come il profumo di un fiore, ma quelli inafferrabili e veicolati dalle molecole misteriose legate al corteggiamento, i feromoni, o quelli che scatenano la paura.
E' la sfida che nei prossimi dieci anni si preparano ad affrontare i biochimici Linda Buck e Richard Axel, vincitori del Nobel per la Medicina per la scoperta del meccanismo che controlla l'olfatto. "La nostra ha detto Linda Buck e' una ricerca di base che potra' avere sviluppi oggi imprevedibili". Avere scoperto un sistema complesso come quello che regola l'olfatto, controllato da circa 1.000 recettori nel topo e da 350 nell' uomo e' stato un lavoro immane, ma e' stato solo il primo passo. Adesso le sfide sul tappeto sono tante e tutte ambiziose.
Ecco le principali:
- IL MISTERO DEI DUE NASI: nei topi funzionano regolarmente due nasi. Il primo riconosce gli odori che tutti siamo in grado di percepire trasmettendo al cervello i segnali trasmessi dai 1.000 recettori olfattivi. Il secondo naso riconosce odori che il primo naso non riesce a percepire, come quelli dei feromoni, e i messaggi che ne derivano vengono elaborati dalle aree del cervello legate all'emotivita'. "I feromoni passano per questo secondo naso ha detto Axel ed evocano comportamenti innati". Entrano cioe' in gioco meccanismi capaci di evocare sensazioni di piacere o di paura dalle radici antichissime. "A volte - ha aggiunto -anche un normale odore puo' evocare un mondo di sensazioni, ma i meccanismi che rendono possibile questo fenomano non sono affatto chiari". Se anche l'uomo abbia o meno questo secondo naso e' un tema controverso, che trova divisi gli esperti. "Sappiamo che i topi sono in grado di riconoscere i feromoni grazie a circa 200 geni, mentre nell'uomo sono attivi solo tre geni di questo tipo". E' anche "difficile riuscire a dimostrare che esista un nesso funzionale fra l'organo che dovrebbe essere preposto a questa funzione, ossia l'organello vomeronasale, e il cervello", ha detto ancora Axel. La domanda aperta e' se il tessuto olfattivo del naso non possa avere sostituito un organo piu' antico specializzato nella percezione dei feromoni.
- NEL CERVELLO LA MAPPA DEL MONDO FISICO: un'altra sfida, ha detto Axel, e' "cercare di capire come la realta' fisica del mondo esterno puo' essere rappresentata nel cervello". Colori, sfumature, consistenze tattili e profumi sono il risultato della rappresentazione "di uno spazio chimico in uno spazio cerebrale". Si tratta, ha aggiunto, di capire in che modo il mondo fisico viene rappresentato nel cervello.
- IL CERVELLO CHE INVECCHIA: il gruppo di Linda Buck ha cominciato a percorrere un nuovo filone di ricerca, teso a individuare i meccanismi che determinano l'invecchiamento del cervello e che determinano il buono o cattivo funzionamento di funzioni complesse come coscienza, memoria e capacita cognitiva. "C'e' una grande eccitazione ha osservato Axel sulla possibilita' di utilizzare la biologia molecolare per studiare la mente". Il sogno dei prossimi anni diventa quindi studiare il legame fra geni, capacita' cognitive e percezione.
- ODORI ED EVOLUZIONE: L'olfatto ha sicuramente giocato un ruolo chiave nell'evoluzione, come testimonia l'alta percentuale di geni dedicati a questa funzione (in un genoma di 25.000 geni, per esempio, il 5% di essi e' dedicato all'olfatto). Alcuni di questi geni, poi, sono assolutamente sconosciuti perla rapidita' con cui si evolvono al variare dell'ambiente esterno, tanto che Axel li ha definiti "geni marziani". Una "stranezza evolutiva" che gli esperti si preparano a studiare.

domenica 29 luglio 2007

UN AMORE

Anni fa, assaggiai per la prima volta un distillato tropicale che allora non era importato in Italia: fu amore a prima vista.
Il Ron Antiguo de Solera Santa Teresa 1796.

Prodotto dalla Hacienda Santa Teresa [ El Consejo, Contea Revenga nello Stato di Aragua, a circa 80 km a Sud-Est di Caracas ] è uno dei migliori ron che abbia mai degustato, uno dei simboli del Venezuela.


Sono stato in Venezuela di recente e non potevo non fare una visita all'Hacienda, capire perché questo ron sia così diverso da tutti gli altri: e le mie impressioni sono state ampiamente confermate.

Il maestro di cantina, "maestro ronero", seleziona le migliori qualità di ron base e le fa maturare per almeno 15 anni in barriques di rovere di Limousin, secondo il metodo Solera.
Già alla vista affascina, per la brillantezza ed i riflessi rosso rubino e ramati che navigano nell'ambra intensa.Un distillato entusiasmante, in continua evoluzione: ogni volta che si accosta al naso svela nuove sfaccettature; non ci si stupisce, perciò, se dopo un impatto violento e pervasivo si colgono il fico secco, i datteri maturi, le spezie orientali; e ancora, frutta secca, miele appena caramellato, legno esotico, uva appassita.


In bocca è grasso ed ampio, ricco di sensazioni dapprima fuse ed in seguito individuabili separatamente; la menta ed il balsamico lo rendono fresco, a sorpresa; vellutato e carezzevole, nonostante l'alcolicità, ha rare doti d'eleganza, chiudendo con note di profumo di tabacco di alta qualità.

Presso l'hacienda sono conservati barili di Ron di proprietà di svariati personaggi, in genere capi di stato e simili (vedi la foto all'inizio), ma se uno se lo può permettere si compra una botte e si fa confezionare ogni tanto qualche bottiglia...

MONDOVINO


Ho avuto l'occasione di vedere il film "MONDOVINO" di Jonathan Nossiter, trasmesso questa notte da RAI3.
Mi è piaciuto molto, soprattutto per il taglio obiettivo che lo caratterizza e per le problematiche che presenta: la globalizzazione delle caratteristiche dei vini, che significa una certa uniformità, contrapposta al rispetto per il "terroir", che esalta l'unicità di ciascun vigneto.
Interessante anche l'intervista con Parker, che ha messo in luce alcuni aspetti del suo lavoro che sfuggono ai più.
Mi sono rimaste impresse due frasi, dette da due produttori di Borgogna: uno ha affermato che "ove c'è cultura c'è vino, ove c'è barbarie non c'è vino"; l'altro ha dichiarato che il vino è "traspirazione per il 90% e inspirazione per il 10%".
Due verità inconfutabili, che invitano a riflettere.

venerdì 27 luglio 2007

VINI DA CONVERSAZIONE o DA MEDITAZIONE?

Se il vino è cultura, come molti ritengono, perché è in una certa misura la sintesi di diversi aspetti della nostra civiltà, quale definizione si può usare per i vini da conversazione, come preferisco definirli al posto del logoro "da meditazione"?
Potremmo forse azzardare l’ipotesi che siano la quintessenza del vino e della storia sottesa?
Forse, più semplicemente, rappresentano degli attimi di puro piacere.
Non tutti concordano nel considerare il momento della degustazione del vino come un qualcosa di unico, irripetibile.
Ogni volta che ci si avvicina al bicchiere, lo si porta al naso e poi se ne assaggia il contenuto celebriamo un rito edonistico, pieno di significati, coinvolgente.
Se stiamo mangiando, assisteremo al mescolarsi di molteplici sensazioni che, se talvolta contrastanti, aggiungeranno piacere; se beviamo solamente, apprezzeremo gli aspetti propri del vino, ne coglieremo i pregi e i difetti.
In entrambi i casi acquisiremo esperienze interessanti e i sensi saranno appagati.
I vini da conversazione esaltano questi aspetti, perché sono indicati per essere bevuti senza alcun accompagnamento di cibi e da soli; al massimo sono tollerati degli amici che di buon grado accettino il dovuto raccoglimento.
Sono vini così ricchi di sentori che saturano l’universo gustativo, evocano immagini e sensazioni squisitamente personali, talvolta ricordi antichi.
Il silenzio è d’obbligo, il raccoglimento viene spontaneo, perché si è in presenza di qualcosa talmente unico che ogni momento di distrazione suonerebbe come un sacrilegio.
Ma questo genere di vini ha una doppia faccia: può sopportare e supportare anche qualche accostamento col cibo, quasi volesse dimostrare ulteriormente la propria superiorità; è come se uno di questi vini dicesse “Sono talmente buono e perfetto che mi abbasso a essere bevuto mentre mangi qualcosa; ti dimostro come le mie qualità possano essere ancora di più esaltate; povero cibo, senza di me saresti poca cosa!”
Ho forse antropomorfizzato i vini da meditazione, facendomi trascinare dall’entusiasmo? Non credo, ma se così fosse il mio è un peccato veniale, dettato da troppo amore.
Recentemente ho avuto la fortuna di assaggiare in contemporanea alcuni esempi, che qui riporto con alcune note esplicative, convinto di poter stimolare qualcuno a seguire il mio esempio.
..........................

MALVASIA DELLE LIPARI DOC 1997 CARAVAGLIO
Lontane sono le origini di quest’uva; molte monete del IV secolo a.C. trovate a Lipari recano impressa l’immagine di un tralcio di vite, di un grappolo d’uva o del dio Efesto, Vulcano, nell’atto di innalzare il kantaros sacro a Dioniso. La cultura della vite e il vitigno Malvasia furono importati dai Greci all’epoca della colonizzazione della Sicilia.
Il nome Malvasia deriva dalle parole greche moni e mvasis, che significano “unica entrata”, in riferimento al guarnitissimo ponte che difendeva e univa alla terraferma l’isolotto fortificato di Monemvasia nel sud del Peloponneso, zona in cui si coltivava questo tipo di vite.
A Lipari la Malvasia ha acquistato sentori unici, che si trasmettono a un vino che rischiava di scomparire se uno venuto da fuori non avesse ripreso a coltivarla e vinificarla come si deve, negli anni Sessanta, Carlo Hauner. Egli introdusse inoltre la vendemmia ritardata, a metà settembre circa, per permettere un leggero appassimento dei grappoli sulla pianta, evitando l’uso dei graticci per farli riposare dopo la raccolta; la fermentazione è mantenuta attiva per circa un mese a temperatura controllata. Questa metodologia di lavorazione, oltre a quella di far produrre non più di 4-6 grappoli a ogni ceppo, è stata adottata dall’altro grande produttore, Caravaglio.
Va ascritto comunque a Carlo Hauner il merito di aver fatto conoscere questo vino al di fuori del ristretto mondo siciliano, di avergli fatto conquistare ambiti riconoscimenti in campo internazionale.

Vino dal colore ambrato se affinato a lungo, oro se giovane; profumi mediterranei, di mare, ginestra, ligustro, albicocca, pesca, uva passa, miele. Si accompagna a paté di fegato, oltre che a gelati, non di frutta, e pasticceria secca.
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VERDUZZO FRIULANO COLLI ORIENTALI DEL FRIULI PRAZENAR DOC 1997 RODARO
Il Verduzzo è quasi sicuramente un vitigno indigeno, sviluppatosi in Friuli nei secoli con incroci tra le diverse varietà e selezioni clonali; oggi infatti abbiamo diversi tipi di Verduzzo, i più noti e importanti dei quali sono quello Verde e Giallo. Da quest’ultimo si ricava il vino da dessert che, per una superficiale legislazione, può essere chiamato semplicemente Ramandolo se proviene da uve coltivate nei comuni di Ramandolo, Nimis, Faedis, Torlano e Sedilis.
Le uve sono generalmente fatte appassire sulla pianta, piuttosto che su graticci, a seconda dell’andamento stagionale; successivamente, dopo la spremitura, si applica una lenta fermentazione, a temperatura controllata, per 50-60 giorni, al fine di garantire le caratteristiche aromatiche del prodotto. Successivamente, si passa in barrique il vino, per 4-8 mesi, secondo i gusti del produttore.

È vino da conversazione che può accompagnarsi a formaggi erborinati e molto piccanti, oltre che a pasticceria secca; colore ambrato, con sentori di miele di acacia e mandorla.

MOSCATO DI SCANZO PASSITO 1994 BIAVA
È il più raro e il meno conosciuto dei moscati italiani, prodotto in un’area molto limitata, sei ettari circa, nel territorio di Scanzorosciate comprendente le frazioni di Tribulina e Negrone, nella zona collinare tra Seriate e la Val Seriana, in provincia di Bergamo; le vigne crescono su terreni calcarei chiamati localmente "sas de Luna" per il colore bianco calcinato; é questo terreno che conferisce in maniera determinante le caratteristiche uniche a questo vino.
Le prime testimonianze storiche risalgono al 1347, quando si menziona un certo “moscatello rosso”; nel Settecento il Moscato di Scanzo era già quotato sul mercato di Londra, particolarmente sensibile ai vini dolci di buon grado alcolico come il Porto, Madera, Jerez. La notorietà internazionale fu raggiunta quando l’architetto bergamasco Antonio Quarenghi, chiamato da Caterina di Russia a progettare i palazzi imperiali di San Pietroburgo, portò in omaggio alla zarina alcune botti di questo vino. Il salto qualitativo si ebbe agli inizi degli anni Novanta con l’introduzione di tecniche di vinificazione moderne; oggi i grappoli sono lasciati appassire per 21 giorni su graticci, indi spremuti e la fermentazione avviene lentamente, per mesi. Il Moscato è lasciato riposare per due anni in vasche di acciaio inox prima di essere imbottigliato; il disciplinare vieta espressamente l'uso del legno, di qualsiasi capacità.
I vigneti, posti sul Monte Bastia, sono esposti a sudovest a circa 300 metri di altitudine, sono vendemmiati tra la fine di settembre e la prima settimana di ottobre, compiendo una selezione manuale delle uve.

Il Moscato di Scanzo ha colore rosso rubino con riflessi mogano, profumo ampio e ricco di sentori di spezie, frutti esotici, fragola, frutta cotta, salvia, miele, cannella.

ACCOSTARE


Come accostare un vino ad una pietanza mi ha interessato da sempre, perché sono convinto che si debba perseguire il massimo delle soddisfazioni quando ci si trova a tavola.
Il piatto più sopraffino diventa mediocre se non pessimo se accompagnato da un vino non adatto, così come la bottiglia eccelsa è penalizzata da un cibo che è in totale disaccordo.
Per questi motivi, sembrerebbero dettati dal buon senso, ho deciso di raccogliere in un libro le esperienze "sul campo" di decenni di prove, ora entusiasmanti ora deludenti, quando non tragiche.
E' nato così una sorta di manuale, che ha lo scopo di aiutare chi è interessato a queste problematiche.
E' volutamente semplice, suddiviso in due parti: la prima riporta in ordine alfabetico 725 vini italiani, per ognuno dei quali è proposta una scheda sintetica che fornisce indicazioni sul luogo di produzione, le uve, il colore, la classificazione; le note organolettiche, dando ulteriori informazioni, introducono ai suggerimenti dei piatti consigliati, preceduti dall'accostamento ideale, contrassegnato da un cuore.

La seconda parte propone l'elenco delle preparazioni, in ordine alfabetico, con i vini consigliati.

In tal modo, la consultazione è facilitata, oltre ad essere, mi sembra, anche una piacevole lettura, perché, individuato un piatto nella prima parte, si può controllare quali altre possibilità siano oferte.

Questo libro non vuole esprimere giudizi inappellabili, poiché i gusti sono squisitamente personali e come tali devono essere rispettati. Fornisce utili indicazioni per evitare errori grossolani: la scelta degli accostamenti è dettata dall'analisi dei componenti della preparazione e delle caratteristiche organolettiche del vino.
Non sono state inoltre trascurate quelle unioni dettate dalla tradizione locale, forse non ideali, ma di sicura gradevolezza, purché rispettino i principi di cui sopra.
Nella definizione dei vini, ho preferito la parola "da conversazione" invece di quella usuale "da meditazione", convinto che il buon vino debba essere bevuto in compagnia, per poter scambiare le sensazioni, favorire la comunicazione, provare piacere nello stare insieme.

Al libro è accluso un cd-rom in omaggio, che contiene un database consultabile in diversi modi e che permette di aggiungere proprie note. Comprende anche un e-book, strutturato con rimandi ed approfondimenti, relativo alla vite ed al vino, alla loro storia e ai metodi di produzione, completato da un corposo glossario dei termini più usati.
Il libro può essere ordinato per e-mail al costo di euro 20 più spese postali di spedizione.

giovedì 26 luglio 2007

UN PROFUMO INASPETTATO

Ho riassaggiato un vino che tempo fa mi aveva colpito, non solo per la qualità, ma soprattutto per un profumo che difficilmente si può trovare: il glicine.

Si tratta del Bin 128 Coonawarra Shiraz di Penfolds, Australia, cantina nota per l'alta qualità dei vini prodotti.
E' un vino straordinariamente equilibrato e potente allo stesso tempo, ricco e vellutato, di un colore rosso rubino intenso, impenetrabile.
Il profumo del glicine si sposa con sensazioni speziate e balsamiche, con ricordi di chiodo di garofano e spezie orientali.
I tannini eleganti nettano perfettamente la bocca e la corretta acidità conferisce note di freschezza singolari. Le note fruttate e minerali lo rendono sorprendente; il passaggio in barriques francesi regala l'equilibrata sensazione di vaniglia e di tostato, che vanno ad arricchire il quadro complessivo.
La bottiglia degustata era del 2000 e presentava ancora note di gioventù: si tratta di un vino longevo, che nel tempo migliora sempre più e si affina lentamente.

Lo shiraz, chiamato anche shirah, è un vitigno di origine mediorientale - la leggenda vuole che sia originario dell'omonima città persiana - che non presenta particolari problemi di adattamento ai diversi climi e terreni. Nei climi freddi, come quelli francesi e del centro Italia, conferisce ai vini note fruttate eleganti con accenni vegetali; nelle aree più calde, ed in presenza di terreni ricchi di sali minerali ed argillosi, genera sentori maggiormente fruttati, talvolta di confettura.

In Italia è coltivato con successo a cavallo tra il sud della Toscana ed il nord del Lazio, oltre ad entrare in numerosi uvaggi.

A mio parere, una delle migliori espressioni è rappresentata dallo shiraz prodotto in provincia di Latina, dall'Azienda Casale del Giglio, che coniuga un sapiente uso della piccola botte ad una vinificazione da manuale.


mercoledì 25 luglio 2007

LA RICERCA CONTINUA ...


Il cuoco - tratto da Theatrum Sanitatis, codice del 1300, Biblioteca Casanatense, Roma

La ricerca di una cucina rappresentativa delle tendenze attuali dell'arte culinaria a Milano continua con un'eperienza sicuramente entusiasmante.

Ieri, martedì 24 luglio, ho cenato da Nicola Cavallaro, che ha aperto il suo locale dall'anno scorso in Via Ludovico il Moro 11,tel 02 89126060, di fronte a quel piccolo gioiello che è la chiesa di San Cristoforo, sul Naviglio.

Al piano terra, una saletta con un tavolone per degustazioni è tappezzata con bottiglie di qualità; salendo lungo una scaletta in pietra che si attorciglia su sé stessa, si arriva al primo piano, occupato dalla sala per circa cinquanta posti, articolata in due aree distinte, dominata da un fresco verdolino alle pareti.
L'ambiente coniuga semplicità e raffinatezza, i tavoli, distanti uno dall'altro, garantiscono riservatezza ed intimità, l'apparecchiatura è di alto livello, curata nei particolari, il servizio è puntuale e discreto.

Il primo impatto è con il maitre Ederin Enesi, di origine albanesi-turche, che guida con sicurezza nella scelta del menu, suggerendo con competenza e discrezione i vini.
Questi ultimi sono frutto della scelta ragionata e sentimentale di Nicola Cavallaro, che è riuscito a scovare etichette di non facile reperimento, sempre attento al famigerato rapporto qualità-prezzo.
A questo proposito, è giusto sottolineare come il ricarico sia più che onesto e che la scelta dei vini a bicchiere sia ampia ed esaustiva.
Mi ha colpito uno champagne di un piccolo produttore, importato direttamente da Nicola: Charles Clément Brut Tradition, a maggioranza pinot nero, ricco, corposo, di carattere.

La cena si è svolta all'insegna della fantasia legata alla profonda conoscenza delle materie prime e delle tecniche di cottura.
I piatti di Nicola sono accattivanti, talvolta sorprendenti, presentati con eleganza, senza voler sorprendere ad ogni costo.
I sapori si fondono e si esaltano, i profumi dei componenti suscitano emozioni e ricordi antichi, soprattutto quando si assaggiano le interpretazioni di piatti tradizionali.

Un piatto, su tutti, s'è impresso nella memoria: "paccheri ripieni di ricotta alle erbe su vellutata di piselli freschi con gamberoni rossi di Sicilia" ; è stata l'apoteosi dell'armonia.

Grazie, Nicola!

martedì 17 luglio 2007

VINO E RIVOLUZIONE FRANCESE


Mi sono imbattuto in un articolo presente su Focuswine di qualche tempo fa.
E' interessante, oltre che curioso. Lo riporto interamente.
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La Rivoluzione Francese? Colpa anche delle tasse sul vino.
di Riccardo Modesti

“La revue du vin de France” si è occupata di un aspetto storico piuttosto inconsueto relativamente alla rivoluzione delle rivoluzioni - quella Francese del 1789 -: in un dettagliato articolo, infatti, si fa riferimento alle conclusioni di alcuni ricercatori secondo i quali tra i “motori” di uno degli avvenimenti più importanti della intera storia vi sarebbe stata la “sete” diffusa tra gli strati sociali più bassi, dovuta alle restrizioni e alle ingenti tassazioni che erano state imposte sui vini, in particolare all’interno delle grandi città. Non solo la mancanza di pane e i continui soprusi della nobiltà, dunque, sarebbero stati alla base del malcontento popolare, come abbiamo tutti noi letto sui libri di scuola.
Ruotando indietro le lancette dell’orologio della storia fino a poco prima della presa della Bastiglia, infatti, possiamo osservare una situazione piuttosto difficile: a fronte di una domanda di vino nelle grandi città del Regno in continuo aumento, bisogna infatti considerare il cattivo stato dell’acqua potabile, divenuta insufficiente e spesso contaminata. Le porte dei centri principali erano presidiate dalle “barrières d’octroi”, sorta di dogane attraverso le quali passava ogni merce e che riscuotevano su esse una sorta di diritto di entrata, che per il vino era divenuto via via sempre più alto, al punto che il vino “ordinario” costava entro le mura fino a tre volte rispetto ai sobborghi. Bisogna tenere anche conto del fatto che, in pratica, questa tassa andava a colpire essenzialmente la gente comune, in quanto la maggior parte dell’aristocrazia e della borghesia abbiente possedeva propri vigneti.

Vino di contrabbando. Questo stato di cose aveva fatto nascere luoghi di commercio e vendita al di fuori delle mura delle città, chiamati “guiguettes”, che servivano anche da base per la ovvia attività di contrabbando che era nata con lo scopo di introdurre vino all’interno delle mura stesse, senza pagare alcuna tassa.
L’articolo segnala in particolare, tra i sistemi più fantasiosi, nientemeno che una catapulta usata per “sparare” otri oltre le mura, un condotto sotterraneo e anche un trasporto via mongolfiera.
Uno dei più intraprendenti tra questi contrabbandieri, tale Monnier, agiva a Parigi, e sembrerebbe essere stato uno degli organizzatori, se non addirittura il leader, nientemeno che della presa della Bastiglia, soffiando sul fuoco del malcontento degli “assetati”. Monnier non agì ovviamente per il bene comune, quanto per il tornaconto personale di cui avrebbe beneficiato dal disordine sociale che avrebbe causato.
Una volta avviata la rivoluzione, i nuovi “governanti” della capitale pensarono all’abolizione dell’odioso balzello: la decisione, nonostante la perdita economica che avrebbe significato per le casse e il venir meno di qualunque controllo sulla qualità del prodotto, venne alla fine presa. Bisognerà attendere il 1804, e Napoleone, per vedere reintrodotta la tassa sui prodotti alcolici, sotto il nome di “droit à l’inventaire”.

sabato 14 luglio 2007

ALLA RICERCA DI UNA CUCINA


Cucina - Cristoforo da Messisbugo, 1549, Biblioteca Casatanense, Roma

Sto preparando un evento gastronomico che mi sta molto a cuore.
Per poterlo realizzare come si deve, sto provando le capacità di alcuni cuochi milanesi.
Ieri, venerdì 13 luglio, ho cenato presso il ristorante "Il Liberty", Viale Monte Grappa 6, tel 0229011439.
Ambiente raccolto, un misto di moderno e tradizionale; il servizio è accurato e sollecito, assicurato da un gruppo di ragazzi giovani ed efficenti.
Il sommelier è in grado di assistere nella scelta dei vini, con competenza e profondo rispetto sia dei gusti del cliente sia dei vini stessi: cosa rara nel panorama desolante della ristorazione milanese.
Il vero deus ex machina è il cuoco, ma c'era da dubitarne?, Andrea Provenzani, che alternandosi tra la sala e la cucina ascolta, suggerisce, interpreta i desideri degli ospiti.
Il menu è ricco di proposte interessanti, che felicemente si concretizzano nei piatti che giungono in tavola.
Eravamo in tre ed abbiamo chiesto allo chef di farci comprendere quale fosse lo stile della sua cucina, riservandoci solo il privilegio della scelta dei vini.
L'esperienza è stata entusiasmante.

Quella di Andrea Provenzani è una cucina attenta ai sapori primari degli ingredienti, tutti di primissima qualità; ogni piatto è il risultato di prove e studi al fine di esaltare le caratteristiche proprie di ogni componente, secondo la più pura tradizione della cucina italiana.

martedì 10 luglio 2007

PROFUMI E RICORDI

Mi ha sempre colpito come si possano riconoscere i profumi, anche quando sono per così dire "vecchi".
Quando, cioé, li si è percepiti per la prima volta molto tempo addietro.
Secondo ricerche di qualche lustro fa, il ricordo di un profumo è sempre legato ad un avvenimento che si è vissuto; sembra che in questo modo si rafforzino a vicenda i legami che collegano i due eventi.
Ho sperimentato di persona come tutto ciò sia vero ed ogni volta ne sono rimasto sorpreso.
Non solo, ma mi è capitato, e mi acceda tuttora, di rivivere il fatto, solo se mi concentro un poco.
Spontaneo affermare: il cervello, questo sconosciuto!

mercoledì 4 luglio 2007

UOMO E/O MACCHINA?

Quando si esamina un vino, ci si scinde in due: da un lato si trova l'insieme delle proprie preferenze ed esperienze, che si possono concretizzare nelle espressioni "buono" e "mi piace, non mi piace".
Dall'altro lato, inizialmente con sforzo, ci si astrae, si mettono da parte i gusti personali per cercare d'esprimere giudizi il più possibile obiettivi.
E' come se ci trasformassimo in macchine sofisticate.

Non è facile, ma assicuro che ci si riesce.

Mi ricordo che, le prime volte, ero sorpreso da come assaggiatori esperti potessero esprimere giudizi precisi e circostanziati; poi mi sono reso conto che anch'io ero in grado di comportarmi nello stesso modo.
Da allora, e sono passati circa vent'anni, la coesistenza delle due persone è possibile.
Oggi sono una macchina da degustazione, che si tratti sia di vino sia di cibo.
La definirei una versione accettabile, ed a fin di bene, del mito del Dottor Jekyl e Mister Hide!

IL PERCORSO CONTINUA ...

Ho frequentato più di venti anni fa i corsi AIS e mi sono diplomato Sommelier: ho imparato molto sul vino e come si degusta, ma non era sufficiente.
Ero ancora zoppicante ed insicuro, anche se assaggiavo di continuo.
La svolta decisiva è stata quando mi sono avicinato all'ONAV, Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino: sono diventato Assaggiatore e successivamente Docente.

Le capacità di riconoscere i profumi sono aumentate e si sono affinate, insieme alle conoscenze tecniche necessarie per analizzare un vino ed esprimere un giudizio impersonale.

lunedì 2 luglio 2007

MAESTRI

Non ho fatto tutto da solo, ho avuto intorno dei maestri, che mi hanno guidato nel meraviglioso, infinito mondo delle sensazioni gustative.
Mi sono comportato da spugna, ho cercato di assorbire il più possibile; ho sviluppato l'innata curiosità per costruirmi nel tempo una vera e propria banca dati, continuamente aggiornata.

Ho incontrato personaggi straordinari, tra i quali il più grande, Luigi Veronelli.
Nacque un'amicizia profonda, anche se ci si vedeva poco; ma ad ogni incontro si riprendevano i discorsi interrotti, iniziati forse mesi o anni prima.
Un filo continuo ci ha legati, per anni.
Ora, Luigi ci ha lasciati, ma solo fisicamente, perché vive in tutti quelli che lo hanno conosciuto e frequentato.
Mi ha trasmesso l'amore per la terra e per i suoi prodotti, il gusto per la ricerca, la gioia nello scoprire i gioielli spesso nascosti della viticoltura italiana. Mi ha fatto capire che il vino è vivo e che fa parte integrante della storia dell'uomo.

Luisa Ronchi. Enotecaria a Milano, la prima donna sommelier d'Italia nei lontani anni '60.
Con lei ho imparato ad essere umile nei giudizi, a rispettare il vino e chi lo produce.
Mi ha insegnato a degustare, a saper riconoscere i profumi, ad esprimere compiutamente le sensazioni che provavo, e che provo tuttora, assaggiando un vino.

Poi, ho incontrato altri esperti e ognuno mi ha regalato qualcosa, per continuare il mio lungo, personale viaggio nel mondo del gusto.