sabato 21 luglio 2012

BOLLICINE DAL MONDO

Riunire in una sola serata nove esempi di vini rifermentati in bottiglia non è facile, ma è entusiasmante ed istruttivo.

Le sorprese si sono sprecate, dimostrando ancora una volta come il mondo del vino sia in fermento, mi si perdoni il gioco di parole, e come non ci si possa adagiare su posizioni, e convinzioni, più o meno consolidate.
S'è iniziato con il Crémant de Bourgogne Blanc de Blanc di Domaine Vitteaut-Alberti.
Un vino sottile e delicato, gradevolmente frizzante, che riesce a coniugare la dolcezza dello Chardonnay, qui all'80%,  con l'acidità e la leggera aromaticità dell'Aligoté, che con il suo 20% contribuisce all'eleganza; le uve provengono da due delle zone più vocate della Borgogna, la Côte Chalonnaise e la Côte de Beaune; dopo l'assemblaggio, passano circa sedici mesi prima di essere sboccato e ricolmato; sono davvero interessanti le note citrine, che aumentano la sensazione di asciutto e di soddisfazione all'assaggio.

A seguire il Crémant d'Alsace Trilogy Zero Dosage 2007 di Domaine Fernand Engel.
Da agricoltura biologica certificata, propone Chardonnay 80%, Pinot Noit 10% e Pinot Gris 10%, uve provenienti da terreni principalmente argillosi con presenze di calcare; tre anni di tempo sono necessari per sviluppare una certa ricchezza e pastosità cremosa, che rimandano ai classici vini alsaziani; qui il dosaggio zero esalta le doti di mineralità e di acidità, che permangono abbastanza a lungo, lasciando le mucose asciutte; interessante la sapidità, che invoglia a bere un vino che rimanda alle uve d'origine.


Restando in Europa centrale, è stato assaggiato un vino austriaco, Brut Bründlmayer 2007, risultato dell'assemblaggio di Pinot Nero, Zweigelt e St. Laurent.
A circa 70 km a nord-ovest di Vienna, nella Bassa Valle del Kamp, i vigneti terrazzati sono protetti dalle foreste circostanti e sfruttano il calore trasmesso dal terreno roccioso. 
Il vino è decisamente sapido e profumato, abbastanza tagliente all'inizio, per poi stemperarsi in un insieme di sensazioni morbide con finale appena abboccato; fresco ed agrumato, di medio corpo, con buona evoluzione, degno rappresentante della via austriaca al metodo classico.


Con una certa difficoltà sono stati fatti arrivare due vini dalla Georgia: Schuchmann Chardonnay Blanc de Blancs 2009
Ottenuto da uve Chardonnay, si fregia della denominazione Napareuli, che individua un'area sul lato sinistro del fiume Alazani; dopo 12 mesi di affinamento in bottiglia sui lieviti, s'ottiene un metodo classico molto gradevole,abbastanza elegante con un corpicino niente male; gli agrumi sfumano nella frutta matura, le caratteristiche dello Chardonnay sono messe in giusto risalto, è decisamente beverino; unica nota "stonata" è la quantità di zucchero, che, seppur in linea con i gusti dei consumatori dell'Est, limita la finezza.

Lievemente differente il Bagrationi 1882 Finest Brut 2007, anch'esso Chardonnay in purezza; è più elegante e profumato, le note fruttate sono apprezzabili e gradevolmente discrete, avvolte da sentori di pompelmo e da una lievissima ossidazione, che contribuisce a dare carattere ad un vino fatto bene, certamente rappresentativo dell'enologia di qualità della Georgia. Il nome dell'Azienda rimanda al principe georgiano Ivane Bagrationi-Mukhraneli, che iniziò a produrre vino spumante nel 1882; Bagrationi è una storica dinastia che governò il regno della Georgia fino all'annessione russa nel 19 ° secolo.
Piccola curiosità: si crede che la parola moderna "vino" derivi dal georgiano "gvhino".


La storia vitivinicola del Sud Africa è abbastanza recente, soprattutto se ci si riferisce alla qualità, perciò non può che sorprendere l'assaggio del Pongrácz Méthodo Cap Classique Brut.
Prodotto nella valle di Devon, vicino alla storica Stellenbosch, da uve Pinot Noir 60% e Chardonnay 40%, da uno dei migliori produttori sudafricani, The House of JC Le Roux.
Il nome è un grazioso omaggio a Desiderius Pongrácz, un conte Ungherese rifugiatosi in Sudafrica negli anni cinquanta del secolo scorso, brillante enologo che ebbe un ruolo importante nella viticoltura moderna del Paese.
I vigneti sono situati tra i 150 ed i 300 metri d'altitudine, hanno età media di 16 anni, subiscono notevoli escursioni termiche tra il giorno e la notte, crescono su terreni misti a prevalenza argillo-ferrosa.
Dopo l'assemblaggio, le bottiglie attendono almeno due anni sui lieviti ed alcuni mesi in cantina dopo la sboccatura.
In dialetto sudafricano, questo vino è chiamato "vonkelwijn", vale a dire "vino che scintilla": definizione oltremodo azzeccata, perché è proprio così che si presenta ai sensi. Accosti al naso e sei subito colpito dalla balsamicità, seguito dalle frutta mature e profumate; una leggera nota di fragole di bosco s'affaccia timida, sopravanzata poi dall'irruenza della crema pasticcera e dal pompelmo rosa.
La rispondenza naso-bocca è assoluta, con l'aggiunta di una freschezza ragguardevole e di un'eleganza che raramente si trova nel panorama sudafricano. Il corpo è quasi possente e l'alcol è di squisita fattura, morbido e avvolgente.


La sorpresa maggiore è venuta dal Neozelandese Saint Clair Vicar's Choice Sauvignon Blanc Bubbles di Sain Clair Family Estate.
Situata nella zona di Marlborough, alla punta settentrionale dell'isola meridionale della Nuova Zelanda, l'Azienda è stata fondata nel 1978 e si è subito fatta apprezzare per la pulizia e la qualità dei suoi vini. 
Il clima risente della presenza dell'Oceano Pacifico, sia per i venti impetuosi, a stento ostacolati dalle montagne incombenti, sia per le temperature, che s'abbassano drasticamente di notte, mitigando il sole cocente del giorno: condizioni ideali per sviluppare sufficienti zuccheri ed acidità, oltre ad aromi unici.
Questo vino non fa eccezione, perché regala una ricchezza encomiabile unita alla gamma degli aromi tipici del vitigno; stupisce cogliere prepotente il frutto della passione, così acidulo e dolciastro al tempo stesso, che s'accompagna al pompelmo ed al melone maturo. Che dire della vena balsamica quasi mentolata, dell'impercettibile sentore di lieviti? Elegantissimo, teso, affilato come una katama giapponese, entra in bocca e non l'abbandona per lungo tempo, facendo rimpiangere il momento in cui la bottiglia, ahimé, si svuota.
Ritengo si possa affermare che sia un vino perfetto.


Il mondo anglosassone ha riservato un'altra emozione inattesa.
Gusborne Estate Blanc de Blancs 2007, prodotto in 5.000 bottiglie nella parte sud-orientale della Gran Bretagna, nell'antica scarpata di Kentish.
I cambiamenti climatici hanno riportato il sud dell'isola alle condizioni che conobbe Giulio Cesare e gl'investitori non si sono fatti scappare l'occasione di sfruttare questa nuova possibilità.
Nei venti ettari di vigneto, che presto arriveranno a trenta, si coltivano le uve tipiche della Champagne, su terreni argillosi misti a sabbia, a solo sei miglia dalla Manica, con risultati che ora lasciano quasi senza parole, come in questo caso.
Elegante quasi in modo imbarazzante, teso, fine, equilibrato, citrino e profumato, lo Chardonnay esprime tutta la propria eleganza discreta, quando è correttamente interpretato per essere spumantizzato. Il corpo è presente in un contesto di freschezza e frutta matura, alle quali alcune sensazioni di lieviti e di legno donano un che di sofisticato.

In chiusura della serata, è stato proposto il Cava Recaredo Brut Nature 2006.
In Spagna si producono milioni di Cava, spesso di media, se non bassa, qualità, ma, come sempre accade in questi casi, c'è chi eccelle.
Qui si è in presenza  del classico uvaggio, Xarel-lo 46% Macabeu 36% Parellada 18%; composto, fruttato con sfumature di confettura, abbastanza secco, decisamente balsamico, composto nell'effervescenza, equilibrato; nonostante sia un nature, presenta leggere note dolci, che non guastano ed arrotondano l'acidità dell'uva preponderante.


SEMPRE BOLLICINE ......

Quale miglior bottiglia per festeggiare, si fa per dire, la fine di un lungo periodo di assopimento di Aepicurus se non un Nec Plus Ultra 1996 di Bruno Paillard ?
Negli anni si sono logorati gli aggettivi che si usano per descrivere un vino, ma in attesa che la lingua italiana generi nuovi vocaboli mi vedo costretto a riproporre antiche parole.

Bisogna riconoscere che il nome "Nec Plus Ultra" può dare un po' fastidio, poiché adombra una certa supponenza, che purtroppo è una malattia diffusa che colpisce chi fa vino.
Ma in questo caso si deve ammettere che la citazione latina calza a pennello.

Raramente ho assaggiato uno Champagne così complesso ed esaustivo, talmente perfetto da lasciare senza parole, sia per i motivi sopra riportati sia perché le sensazioni s'accavallano con tale velocità ed irruenza che risulta arduo fissarle ad una ad una.

Solo i Grand Cru di Bouzy, Verzenay, Oger e Le Mesnil sur Oger concorrono alla costruzione di questo NPU 1996, prodotto, come è ovvio, solo in certe annate: la prima volta toccò a quella del 1990, poi a quelle  del 1995 e 1996.
La fermentazione dei mosti avviene in barriques per nove mesi, durante i quali il vino s'arricchisce di profumi leggeri di legno e raggiunge complessità esaltanti ma discrete; nel luglio 1997 è stato compiuto l'assemblaggio, scegliendo le migliori ventidue botti, unendo Chardonnay e Pinot Noir in parti uguali, riempiendo solo 6523 bottiglie, che hanno riposato sui lieviti per dodici anni.
Dopo la sboccatura, con un'idea di liqueur, avvenuta nel gennaio 2009, le bottiglie sono state fatte di nuovo riposare per altri due anni in cantina prima di essere messe in vendita.

Lo versi, a temperatura di cantina fresca, in un calice adatto e ti colpisce il colore oro; poi, accosti, con un certo timore reverenziale, il naso ed inizi un viaggio, che ti porta lontano.
Sottile,quasi evanescente all'apparenza, etereo e perciò sorprendente; poi, all'improvviso, arrivano ondate di citazioni eleganti di fine pasticceria, frutte esotiche giustamente mature, legni tropicali suadenti; cerchi di selezionare i profumi e t'accorgi che fanno capolino i frutti rossi del sottobosco, che fanno da guarnizione ad una créme brulée di squisita fattura.

Potresti continuare affascinato, ma il desiderio, quasi necessità, dell'assaggio ha il sopravvento: secco, tagliente all'inizio, s'ammorbidisce man mano che la bocca si riempie e scopri l'altra faccia della Luna; morbido, cremoso, di raro equilibrio, fresco e a lungo persistente: i ricordi citrini si stemperano nelle note vellutate del legno delicato, che qui contribuisce al corpo senza quasi farsi percepire.
La soavità di un grande Chardonnay si fonde con la severa presenza di un Pinot Noir grandioso, che sottolinea la vinosità.

Sì, ti rendi conto che stai godendo di un vino, che, mi si perdoni, casualmente possiede delle bollicine, talmente l'anidride carbonica è fusa e discreta.
E tutto ciò, ed altro ancora, in un vino giovane, un adolescente di 15 anni!
Esprimere un voto è quasi un'offesa, ma difficilmente può valere meno di 98/100.