mercoledì 1 ottobre 2008

UNA NUOVA "APPELLATION" ?

Sull'ultimo numero di Focuswine, quotidiano on line del famoso Corriere Vinicolo della U.I.V. - Unione Italiana Vini - è riportata una notizia singolare, che vale la pena sia divulgata e che riporto di seguito.

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Francese rompe tabù dei tabù: il suo vino è un 'vin de merde'

Genio o semplicemente uomo fortunato? Questo il dibattito scatenatosi in rete dopo che un ristoratore del Languedoc, tal Jean-Marc Speziale, ha chiamato il suo vino semplicemente così: “Vin de merde”.
Cinquemila bottiglie andate quasi tutte esaurite in un batter d’occhio, ma quel che più conta un clamore inimmaginabile a livello internazionale, in quanto di lui si stanno occupando siti non solo francesi, ma anche di là dell’oceano, persino in Giappone.
Alla domanda più scontata: perché?, Speziale ha risposto candidamente: “La nostra zona aveva bisogno d’attenzione, e questo ci dà la possibilità di far capire che in Languedoc si fanno ottimi vini, a dispetto di quel che si dice in giro”.
E qui la questione si fa seria, perché proprio il Languedoc, con oltre 4.300 richieste d’espianto per una superficie di 14.700 ettari, si è guadagnata il triste primato di regione francese che più ha aderito a questa misura, assommando il 65% del totale nazionale (pari a 22.654 ettari).
Chissà se l’operazione avrà ritorni ben più ampi per la regione, cosa di cui si può fin da subito dubitare.
Quel che è certo è che il signor Speziale sta vivendo il suo momento di gloria, e starà solo a lui adesso gestirlo al meglio.
Tornando al “vin de merde” (una vera e propria "appellation d'origine incontrôlée", come è stato ribattezzato), si tratta di un rosso e un rosato a base di Syrah e Grenache noir, annata 2007, venduto al dettaglio a 39 euro la cassa da sei bottiglie, e ha un’altra particolarità, che serve a far ben capire, anche ai più scettici, che non si tratta di refuso: su un angolo dell’etichetta campeggia un moscone azzurro e sotto l’emblematica frase: “Il peggio nasconde il meglio”.

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Agli amici che seguono questo blog lascio ogni commento.

domenica 28 settembre 2008

LA FILOSOFIA DI AEPICURUS

Non è facile poter definire la piacevolezza di un cibo, pasto o locale, poiché i gusti sono strettamente individuali e, proprio per questo, differenti.

Esistono, però, alcune indicazioni che possono essere utili per esprimere un giudizio, parametri determinati da considerazioni relative alla composizione dei piatti, al loro susseguirsi nell'ambito di un menu guidato o perché scelti secondo l'ispirazione del momento.

La cucina contemporanea s'è evoluta all'insegna della leggerezza, essendosi liberata dei componenti grevi e di problematica assimilazione; solo la cucina cosiddetta tradizionale, che comprende quella regionale, sembra restia ad alleggerirsi, forse perché ancora legata a ricordi storici di passata penuria alimentare e di ristrettezze economiche.

I più accorti e sensibili cuochi d'oggi dimostrano un rinnovato, profondo rispetto per le materie prime, al fine d'esaltarne le caratteristiche organolettiche; oltre alla scelta accurata per quanto riguarda sia la freschezza sia la provenienza, particolare attenzione è riservata ai tempi e metodologie di cottura, quando non sono proposte crude.

La cucina s'è spesso trasformata in una sorta di laboratorio, con l'introduzione d'attrezzature e metodologie mutuate da discipline differenti, quali la chimica e la fisica; ma non è forse sempre stato così? Si lavorava sulla base d'esperienze secolari, senza conoscere reazioni o modificazioni di stato, perché il prodotto finale doveva essere, semplicemente, "buono".

Aepicurus tiene in considerazione la digeribilità delle preparazioni - la leggerezza! -, l'accostamento degli ingredienti, le sensazioni tattili percepite in bocca, i profumi ed i sapori propri d'ogni elemento presente nel piatto; desidera segnalare e valorizzare quella cucina che regala emozioni e che rimane nella memoria.

Quel modo di preparare i piatti che fa desiderare di gustarli tutti i giorni, spesso, ogni tanto, una volta l'anno, mai.

L'ambiente ed il servizio contribuiscono alla valutazione, poiché sono il necessario contorno a ciò che è portato in tavola e contribuiscono alla sensazione di piacevolezza; la carta dei vini può non essere necessariamente ampia, bensì deve essere meditata e coerente con le proposte della cucina.

Per dare un'idea immediata di come sia stato valutato, ogni locale è contrassegnato da un'icona, il calendario, di diverso colore, che ricorda:




Ad ogni preparazione è dato un punteggio, espresso in centesimi, secondo il seguente criterio:
meno di 75
inqualificabile, piatto sbagliato
75 - 79
non suscita particolari emozioni o piatto da grandi pretese non riuscite
80 - 85
suscita qualche interesse, corretta esecuzione o pretese a metà strada
86 - 90
interessante, corretta esecuzione, ben costruito e assemblato, gustoso, buona materia prima esaltata dalla cottura e dagli accostamenti; pretese coerenti
91 - 95
uscita grand’emozione, rimane in memoria per l’armonia e l’equilibrio della sua realizzazione; basilare la parte estetica e l’impronta personale dello chef
96 - 100
suscita un’emozione indelebile, colpisce il palato, il cuore e la mente, è un’opera d’arte

I vini degustati sono valutati secondo la scheda Onav - Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino - con voto espresso in centesimi.