sabato 2 febbraio 2008

ALCUNI PEZZI RARI

Si può riscattare una cena non entusiasmante con dei vini?

Anche se discutibile, la risposta è !

Il primo vino arrivato in tavola è stato uno champagne di un piccolo produttore, Bernard Brémont, di Ambonnay, comune situato nel dipartimento della Marna in provincia di Reims; un grand cru di rara eleganza, agrumato e persistente, dal colore oro pallido; ha sorpreso per la lunga persistenza e per la lenta ma ineluttabile evoluzione che ha subito nel bicchiere: dopo circa un'ora, quel fondo rimasto sprigionava frutta matura e lieviti delicati, scorza di cedro e note fresche balsamiche.


Poi è stata la volta di un vino italiano dei Colli Orientali del Friuli: Sacrisassi 1997 dell'Azienda Le Due Terre; ottenuto dall'uvaggio di refosco e schiopettino, ha convinto, ed entusiasmato, per la scorrevolezza ed il raro equilibrio; avvolgente, vellutato, profumato e suadente; i tannini, affinati e morbidi, chiudevano il cerchio comunicando sensazioni di puro piacere.

Provocati da una cena inferiore alle aspettative, ci siamo voluti, per così dire, rifare con l'ultimo vino, che era un po' di tempo che non assaggiavamo: Vin de Paille Hermitage Aoc, prodotto da Gambert De Loche, annata 1996, da uve marsanne e roussanne della Coteaux de l'Hermitage, nella regione del Rodano.

I "vini della paglia", i corrispondenti vini passiti nostrani, sono tendenzialmente sottili ed eleganti e questo non ha fatto eccezioni; discreto nei profumi al primo approccio, si è aperto successivamente, manifestando tutta la sua ricchezza e raffinatezza.

Non stucchevole, pieno di ricordi balsamici e di frutta candita, fresco, quasi mentolato; un sottile sentore di fumo incrementava il numero delle sensazioni piacevoli; la leggera nota amaricante in chiusura foderava la bocca e faceva rimpiangere di aver terminato la bottiglia.

A conclusione della serata, che dire, se non che se è difficile trovare una cucina di alta qualità, ci si può sempre consolare con i vini!

La collina dell'Hermitage vista dalla sponda opposta del Rodano.








mercoledì 30 gennaio 2008

MONICA: UN VINO POCO CONOSCIUTO

Ieri ho avuto l'occasione di incontrare di nuovo un vino ottenuto dal vitigno MONICA.
Anche se questa uva si trova solo in Sardegna, si è certi che non sia autoctono: furono gli Spagnoli ad importarlo verso il Settecento con il nome di "Morillo", da cui poi "Mora", che attraverso varie corruzioni linguistiche arriva all'italiano Monica.
Questo vitigno e' conosciuto come "Nieddera Manna"(Nera Grande), per i suoi acini, "Niedda de Ispagna" (Nera di Spagna) e Monaca. È diffuso in tutta l'isola ma è nella parte centro-meridionale che ha acquistato una notevole importanza.

La bottiglia che ho aperto, del 2006, si presentava con le note vivaci del rosso rubino brillante con sfumature porpora.
Sali minerali, spezie, tra le quali il chiodo di garofano, marasche stramature, pepe e rosa canina si sono facilmente liberati e hanno colpito gradevolmente l'olfatto.
Ma quello che più mi ha colpito è stato il netto profumo di anice stellata, così pungente da lasciare perplessi.
La giusta tannicità, unita alla debole affumicatura, hanno denunciato il passaggio nel piccolo legno appena tostato, che non ha avuto il sopravvento sulla freschezza, la vinosità e la mandorla secca.
L'eleganza è aumentata dai sentori vegetali e minerali, dalla sapidità e dalla ciliegia.

Si tratta di un vino gradevole e beverino, di medio corpo, che può accostarsi ad uno dei piatti tipici della gastronomia sarda: la pecora bollita.