martedì 12 aprile 2011

VINOVINOVINO, VINITALY E MARCHETTE


Non a caso il manifesto dell'edizione 2011 di VinoVinoVino riporta un  bellissimo disegno, quasi naif, che rappresenta l'Arca di Noé.
Perché l'opera di salvaguardia dei sapori che la natura regala al  vino, caparbiamente e con successo perseguita da sempre più vignaioli, rimanda al mito del salvataggio di ciò che valeva la pena di  preservare, prima che il Diluvio si compisse.
Rimandi biblici a parte, quest'edizione, l'ottava, s'è confermata come  la reale vetrina del vino italiano, perché non solo mette in mostra  vini di pregio, ma testimonia la vivacità ed il desiderio di superarsi  dei produttori e, soprattutto, la loro umiltà unita a profonda umanità.
Esci dalla manifestazione rincuorato, perché hai toccato con mano  l'etica del produrre vino.
Gli aspetti economici non sono estranei, ma non hanno il sopravvento;  non siamo così ingenui da ritenere che tutti producano vino per fare  poesia, ma riteniamo che il loro approccio sia sano, equilibrato,  profondamente morale.

VinoVinoVino 2011 si confronta con Vinitaly, bolgia dantesca del  marketing più sfrenato, ove Regioni e Consorzi hanno fatto sfoggio di  gigantismo espositivo; torrido percorso di guerra punteggiato da  imbottigliatori senza scrupoli percorso da torme di appassionati del  bicchiere pieno, soprattutto sabato e domenica.
Mescolati, e talvolta difficili da trovare, i buoni e grandi  produttori, che riescono a tenere alto il tono della manifestazione e  fanno dimenticare, per un poco, il mercimonio del succo d'uva  fermentato.

Il "mercato" accetta tutto e decreta successi e fallimenti, è vero; ma  il senso del decoro e del ridicolo dovrebbe essere il primo  comandamento, unito all'onestà, soprattutto intelletuale, di chi  partecipa.

Questa situazione genera mostri che si pensava non potessero esistere.
Mi riferisco alla notizia riportata dalle agenzie: il 28 marzo, a New  York, il presidente di Verona Fiere ha consegnato, orgoglioso e  felice, al Presidente Giorgio Napolitano i risultati di un'azione di  marketing, che non esito definire di marchetta; si tratta di due  bottiglie magnum, una di vino bianco ed una di vino rosso, risultato  dell'unione di venti diversi vini, uno per regione, in onore del 150°  anniversario dell'unità d'Italia.
Prodotte in quantità limitata, le magnum saranno donate a capi di  stato e simili!


Autogol clamoroso!

Sono anni che faticosamente lottiamo, ognuno con i propri strumenti,  per affermare l'importanza dell'unicità del terroir, rivalutare  antichi vitigni, perseguire la qualità, valorizzare i movitigno,  liberarci dall'uso scriteriato della barrique, combattere mode  passeggere, eccetera eccetera.
Ed ora tutto questo faticoso lavoro è posto in soffitta, di fronte  alla platea mondiale, che probabilmente è scoppiata in una risata  colossale, che purtroppo non ha seppellito gli ideatori dell'idea  peregrina, e non li seppellirà.
Già nel novembre dell'anno scorso era stata proposta un'idea simile ( vedi ) e ne avevamo scritto; speravamo che fosse una trovata pubblicitaria, anche se censurabile; è stata riproposta, con enfasi e  impudenza.
Spiace constatare che entrambe le operazioni non abbiano trovato  adeguati riscontri nel mondo degli addetti ai lavori, che non siano state mosse critiche, che qualche ente abbia in un certo modo applaudito: che sia un segno  ulteriore dell'ineluttabile decadenza che ci pervade?

Non resta che sperare, per rispetto ai palati ed agli stomaci dei  potenziali destinatari, che queste magnum non siano mai aperte.

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