sabato 1 marzo 2008

ALCUNE INTERESSANTI RIFLESSIONI

Lo scorso 7 febbraio s'è tenuta a Roma, presso l’Hotel Sheraton Eur, la 1ª Giornata di Studio sul Vino: “Innovazione – Il vino che berremo”.

Dei diversi interventi, riporto la sintesi di alcuni.

Attilio Scienza provocatoriamente ha sostenuto che "la tradizione in un certo senso non esiste".
Affrontando il tema “I vitigni come elementi per un distinguo strategico delle aziende”, ha sottolineato come il dualismo terroir/vitigno sia in realtà un dibattito accademico ed un falso problema, e come i due aspetti coesistano.
Ma ha pure ridimensionato lo scontro tradizione/innovazione. Per il professore la tradizione in un certo senso non esiste, oppure è legata a certi modi di fare il vino vecchi e di negativo impatto sulla qualità.
Bisogna avere il coraggio di “tradirla”: l’Ue ha ingabbiato la viticoltura ad un modello valido mezzo secolo fa, cosa che invece non è successa con gli altri settori della frutticoltura. Ci troviamo a rincorrere vecchi vitigni di dubbia qualità, facendo della filosofia, invece di creare nuovi e ben più validi vitigni, per vini mediamente sempre più buoni, magari partendo dalla “riserva genetica” che si trova nel Caucaso.

Roberto Zironi, professore all’Università di Udine, ha sottolineato come il rilancio dei vitigni autoctoni sia un falso problema, giacché l’82% della viticoltura italiana si basa proprio su varietà indigene; la questione è semmai di valorizzarle, andando ad individuare e distinguere le cultivar “storiche” da quelle “minori”. È solo definendo per ciascuna varietà il miglior protocollo di vinificazione - là dove esiste il terroir più vocato per quella specifica cultivar - che se ne può comprendere il vero potenziale.

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