venerdì 25 settembre 2009

IN CANTINA DA CAPPELLANO

Una settimana fa abbiamo avuto il picere di passare alcune ore con Augusto Cappellano.
Gli argomenti trattati sono stati vari, a testimonianza che i grandi vini necessitano della profonda cultura unita ad altrettanta umanità.
Degno erede e continuatore del grande Teobaldo, Augusto ci ha fatto da guida nel suo, e grazie al cielo anche nostro per poco , mondo di botti che stanno facendo maturare grandi vini.
Entri e t'immergi in un'atmosfera profumata, un misto di legno finissimo, lieviti, fiori secchi, fieno cotto dal sole; ci si muove tra le botti come in balletto leggero, soffermandosi ed accarezzandole, con rispetto ed amore; ci si illude che parlino e ci raccontino quello che stanno facendo, per renderci partecipi del miracolo che si sta compiendo.

Dalla botte sono stati sottratti:
Nebbiolo 2006
Barolo Rupestris 2005, 2006, 2007
Barolo Otin Fiorin, Piè franco-Michet 2005, 2006, 2007

Tutti presentano colore rosso rubino entusiasmante e vivo, brillante; i profumi vinosi hanno già note di morbidezza, talvolta di confettura di frutta unite ai sottili accennati sentori di viola; i tannini, ovviamente ancora giovani, sono sorprendentemente eleganti e non agressivi, promettono evoluzioni degne di nota; stupisce, e convince, la freschezza, dovuta ad un'acidità equilibrata e vinosa; la botte grande è deliziosamente percepibile, contribuisce a trasmettere idee di velluto setoso e di soavità.
Poter percepire l'appena accennata austerità e riconoscere l'inizio di una lunga ineluttabile evoluzione è stata un'esperienza unica e molto istruttiva, che ci ha fatto comprendere ancora meglio la filosofia di Cappellano.

Poi, Augusto ci ha aperto una bottiglia di Barbera 1999 imbottigliata ai primi di settembre 2009; si chiamerà, quando messa in commercio, Taffetà: che dire, se non maledire tutti quei vignaioli che bistrattano per ignoranza e bieco tornaconto un'uva dalle enormi potenzialità?
L'unghia aranciata s'infittisce nel rubino profondo, che testimonia quanta vita il vino abbia ancora davanti a sé; i profumi terziari sono netti, uniti a note giovanili di vinosità e di frutta matura; le spezie s'offrono in una gamma ampia e variegata; in bocca questo vino sorprende ancor di più: è beverino, quasi morbido, fresco, con i tannini in perfetto equilibrio con le componenti acide e quelle fruttate; di corpo medio, è un ottimo esempio di affinamento e non d'invecchiamento; nel finale, in bocca rimane l'acidità varietale dell'uva d'origine. Voto: 92/100

Non poteva mancare un gran finale, per chiudere in modo eclatante l'incontro: un assaggio di Barolo Chinato 1950, che è stato confrontato con uno molto più giovane, per poter apprezzare l'evoluzione del prodotto.
L'inventore del barolo chinato non si smentisce, sia per la scelta accurata del vino sia per la sapiente mistura delle erbe officinali, lavorate rigidamente a mano, secondo una ricetta, ovviamente, segreta, della quale è depositario Augusto; le note di barolo evoluto e profondo mettono in risalto l'agrumato e la morbidezza, ricordano i migliori vini di Xerez, a nostro parere superandoli. Voto: 99/100

L'incontro s'è concluso con una goccia di tristezza in fondo all'animo, perché Teobaldo ci ha lasciati e perché gioielli di questo genere non si possono avere tutti i giorni; ma la melanconia ha lasciato il posto alla profonda riconoscenza ed alla convinzione, rafforzata, che il futuro del vino è rappresentato dall'antico rispetto per la natura e le sue leggi.

Nessun commento: