UN'OASI MILANESE
Ristorante Rovello 18
Via Rovello 18
Milano
Tel. 02 72093709
Cercare a Milano un ristorante che proponga una cucina semplice e gustosa, in una parola onesta, è come avventurarsi nel deserto. Come in quella landa desolata, ogni tanto s'incontra un'oasi; in pieno centro, a pochi passi dal glorioso Piccolo Teatro che fu di Paolo Grassi e Giorgio Strehler, il locale esiste dall'aprile 2002: gradevole, raccolto, ricorda le buone vecchie trattorie milanesi piuttosto che i bistrot parigini. Entri e sei accolto da Gualtiero Panciroli, affabile e cordiale, che ti fa sentire a tuo agio.
Poi, lo sguardo è catturato dall'impressionante mostra di bottiglie, sia di vino sia di distillati; sui tavoli bicchieri di diversa foggia e colori creano un'atmosfera rilassata e giocosa.
Il menu è ricco di proposte eclettiche, mai pretenziose: pesci e carni convivono allegramente con primi che suscitano curiosità e desiderio; ma è la corposa carta dei vini che ti sorprende ed affascina. Si usa definirla spesso "meditata", magari per mascherare scelte opinabili; qui no; ogni bottiglia è frutto di ricerca, passione ed amore; sono rappresentati i produttori migliori d'Italia, taluni poco conosciuti dal grande pubblico, con le annate disponibili sul mercato.
Ci siamo lasciati tentare dai gianchetti fritti in pastella, delicati e croccanti, per nulla unti, seguiti da un piccolo gioiello della cucina langarola, i ravioli del plin in brodo di cappone, confezionati artigianalmente a Barolo, "importati" direttamente da Gualtiero e cucinati magistralmente. È stata poi la volta del tonno appena scottato con salsa alla senape e pepe verde con contorno di agretto (barba del frate); da tempo non assaggiavamo un trancio di tonno così succulento e saporoso, per nulla stopposo, come spesso capita.
Il piatto che più ci ha colpiti è stato il dessert: torta di riso venere con crema pasticcera; esemplare nella sua semplicità e contemporanea ricercatezza, testimonia la creatività di Cinzia Rossi, la cuoca, e del giovin figliuolo Michele De Liguoro, 21 anni promettenti.
Consigliati da Gualtiero, abbiamo stappato una bottiglia di Bianco Kapija 2003, Igt Venezia Giulia, prodotto da Podversic Damijan secondo i dettami della biodinamica, da uve malvasia istriana, chardonnay, tocai. Sapido, minerale, agrumato, lievemente tannico, complesso, a tratti aggressivo, di spessore, certamente impegnativo.
Abbiamo desiderato verificare come si comportava in un'altra annata, tenendo presente i problemi della vendemmia del 2003; il vino del 2004 s'è presentato più beverino e profumato, pur mantenendo le caratteristiche d'austerità.
In chiusura, un bicchiere del sole del Mediterraneo, un Nikà, Passito di Pantelleria Doc 2003, prodotto da Case di Pietra: pastoso, solare, ricco di ricordi isolani.
In conclusione, una serata che ci ha riconciliato con l'avara gastronomia milanese e che ci ha fatto andare indietro nel tempo, quando le "trattorie" erano depositarie della cucina semplice ma con tutte le "cose a posto".
Il ristorante è chiuso solo il sabato e la domenica a mezzogiorno; orari massacranti per lo staff, ma graditi al pubblico dei buongustai, che possono cenare come si deve la domenica sera, quando Milano è pressocché tutta chiusa.
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